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autonomia
alla prova
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utonomia
scolastica alla prova, un inizio faticoso e con parvenze corporative:
vacanze di Natale anticipate o settimana corta hanno spesso segnato il
nuovo corso, provocando reazioni di rigetto nell'opinione pubblica, giustificate
da interventi che apparivano fini a se stessi e privi di convincenti motivazioni
didattiche. Già con questo anno scolastico tuttavia arriveranno
di certo decisioni più corpose e meno sospette, che richiederanno
l'impegno decisivo dei genitori e, nelle scuole superiori, degli studenti:
un banco di prova potrebbe essere il regolamento di disciplina, previsto
dallo statuto degli studenti, destinato a sostituire il regio decreto del
1925 sino ad oggi in vigore. O ancora la flessibilità dell'orario,
con la possibile quadrimestralizzazione di qualche insegnamento, unita
a modalità di recupero diverse dai tradizionali corsi di sostegno:
ad esempio la scomposizione e ricomposizione in gruppi delle classi parallele
o la previsione di sportelli a richiesta individuale a disposizione di
tutti gli studenti.
Sbaglierebbe però chi pensasse che il processo di autonomia riguardi solo le singole scuole e si sostanzi in una sorta di delega di funzioni da parte del ministero a Consigli di circoli e di istituto e Collegi dei docenti. La delega alle scuole si inserisce infatti in un contesto di decentramento istituzionale molto ampio, che va ben al di là dell'autonomia scolastica e prefigura un trasferimento di poteri alle Regioni e agli Enti locali di portata storica. Il decreto legislativo cosiddetto Bassanini del 31 marzo '98, che attribuisce appunto a Regioni ed Enti locali funzioni amministrative dello Stato, dedica ben tredici articoli - dal 135 al 147 - all'istruzione scolastica e alla formazione professionale: per citare le deleghe più significative, passano alle regioni la programmazione dell'offerta formativa e della rete scolastica, la determinazione del calendario delle lezioni, i contributi alle scuole non statali, mentre a province e comuni è affidato il compito di provvedere all'istituzione, aggregazione, e soppressione di scuole, al supporto organizzativo per gli alunni con handicap. Oltre al potere di controllo e vigilanza - compreso lo scioglimento - sugli organi collegiali territoriali. Anche la formazione professionale, l'educazione degli adulti, il diritto allo studio con conseguenti interventi contro la dispersione scolastica, sono definitivamente decentrati, dopo un lungo periodo di confusione e duplicazione di funzioni. Le nuove funzioni saranno ovviamente trasferite gradualmente, in connessione con la prevista riforma del ministero della pubblica istruzione, ma sono già in corso ad esempio le conferenze provinciali che dovranno definire la mappa delle scuole autonome, in cui prevalente è il ruolo delle province e dei comuni. Basti pensare, per capire la portata del cambiamento in termini di potere, che sino a due anni fa era il ministero a provvedere alle soppressioni o aggregazioni di scuole, con decreti che in genere arrivavano a luglio, discrezionali e privi di motivazioni. Un tale contesto sposta decisamente in senso orizzontale e territoriale l'ottica di gestione della scuola, con il rischio di possibili conflitti, determinati da qualche incongruenza tra i poteri attribuiti alle scuole dalla legge che ne sancisce l'autonomia - la numero 59 del 15 marzo '97, all'articolo 21 - e il decreto legislativo del marzo '98, prima ricordato, che pur di quella legge è figlio. Un esempio per tutti: per l'articolo 21 della 59 le scuole possono istituire corsi post-secondari, contemporaneamente però il decreto del marzo '98 attribuisce alle regioni il compito di programmare tutti gli ambiti di formazione professionale. Occorre uno sforzo comune di cooperazione e di integrazione, soprattutto per evitare lo spreco di risorse sempre più scarse. Le singole scuole devono evitare di rimanere schiacciate tra conflittualità permanente e arroccamento da una parte e subordinazione dall'altra, valorizzando le professionalità e potenzialità progettuali di cui dispongono. Essenziale diventa in tale contesto il ruolo che genitori e studenti possono svolgere per creare un legame costruttivo tra scuola e territorio e scoraggiare ogni tentazione di gestione corporativa e autoreferenziale dell'autonomia. Calogero Bellavia
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le parole dell'auto- nomia | e
espressioni autonomia della scuola / scuola dell'autonomia, apparentemente
intercambiabili, segnano invece il percorso verso il nuovo assetto istituzionale.
Si impone come carenza, rovesciata immediatamente al positivo, la cultura
dell'autonomia intesa come atteggiamento disponibile al cambiamento,
dimestichezza alle nuove categorie concettuali, modesta accettazione dei
rudimenti formativi e operosità di apostolato. Troppo facile ironizzare
sulle difficoltà di incidere su un contesto protetto, forte
di un'autoreferenzialità linguistica incartata in documenti a scadenze
rituali: lo sforzo di comunicazione nella circolare n.239 del 19 maggio
1998, oggetto di questa analisi, è non solo inedito ma quasi disarmante
nella chiarezza dell'approccio: "La presente circolare, per i contenuti
che le sono propri, offre significativi elementi di rinnovamento nel tradizionale
rapporto tra Amministrazione e scuole" . Una più ampia citazione
aprirebbe al rischio di coinvolgimento addirittura emotivo di fronte alle
enunciate finalità "di porre in primo piano i temi della motivazione
e dell'orientamento, di prestare una più marcata attenzione agli
stili e ai tempi di apprendimento dei singoli alunni", finalità
altrove mantenute sempre implicite quasi a salvaguardare l'asettica serietà
dell'Istituzione. Anche il consueto termine sperimentazione, applicato
più o meno felicemente in riferimento a attività innovative
o integrative, controllate quando non dettate dal centro, viene ora riportato
alla idea/pratica di eccellenza.
L'ambito della sperimentazione dell'autonomia è calibrato per punti che attraversiamo evidenziando mediante i termini l'intenzione di spostamento: 1) adattamento (calendario scolastico)Queste le indicazioni per l'autonomia progettuale delle scuole, invitate queste ultime anche a praticare quella libera progettualità che più corrisponda alle finalità educative che ogni istituto definisce e persegue. Con la voce progetto si giunge al cuore del sistema: usata e abusata, ma mai segnalata nella sua valenza a tutto tondo: a) individuazione precisa di un contenuto b) presentazione ordinata e organica dello stesso con tutte le sue implicazioni c) pianificazione del processo onde raggiungere definite finalità. Al bando quindi gli approssimativi disegni, monchi nelle premesse e insufficienti nelle articolazioni: una scheda allegata funziona da guida e impone di fatto le adeguate risposte. Ma non basta di certo a coprire le carenze ed è quindi prevista una parallela attività di formazione che alimenti quei geni che sviluppino bene l'attitudine progettuale delle istituzioni scolastiche singolarmente prese o in rete tra loro. La rete di scuole diverse collegate in un lavoro, che non disconosca le esigenze individuali, è strategia privilegiata anche per una comunicazione reale, di contro alla condizione tradizionale di monadi in uno stesso contenitore. Nella fase di elaborazione è prevista l'assistenza di nuclei di supporto dell'autonomia attivati da provveditorati; vi sono rappresentate componenti più o meno radicate nella vita scolastica, si potrebbe pensare che una delle finalità del nucleo oltre che dare senso e orientamento all'attività altrui sia quella di nutrire di linfa alcuni rami rimasti pendenti. Non solo il vaglio dei progetti pervenuti giustifica il gruppo, che è anche coinvolto nel monitoraggio previsto per fasi: la prima all'interno del soggetto progettuale come momento di autovalutazione, poi, a cerchi concentrici, presso il nucleo predetto, dagli IRRSAE . Conclude il programma la valutazione globale che è condotta dal CEDE che fornisce lo specchio nel quale la scuola riconosce se stessa, non scuola soltanto. Scuola dell'autonomia. Anna Bettarini
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