Assemblea Nazionale Firenze 2009 |
RELAZIONE INTRODUTTIVA A pochi mesi dal nostro Congresso ci incontriamo a Firenze in un clima politico difficile ancor più - se possibile - di quello che allora andavamo disegnando. Se Ilvo Diamanti titola il suo ultimo libro “Sillabario dei tempi tristi”, mi verrebbe da aggiungere ad una tristezza della democrazia che sento di condividere, un senso di impotenza per la diffusa illegalità che ci circonda. Mi riferisco all’erosione quotidiana dei principi fondamentali della Costituzione cui ostinatamente crediamo e difendiamo, mentre i luoghi istituzionali e non, del confronto democratico si vogliono trasformare in luoghi del consenso, pena la loro estinzione. Esemplare in tal senso la parabola del FONAGS in quest’ultimo anno: ad incontri più numerosi e frequenti del passato, spesso con la presenza del Ministro, non ha corrisposto una consultazione ed un ascolto della voce della nostra associazione (peraltro sempre più minoritaria nella sua posizione dopo l’ingresso di associazioni non storiche italiane). Al tavolo del FONAGS un ministero sempre più centralista comunica i percorsi legislativi o ordinamentali intrapresi in attesa di un entusiastico consenso. Un esempio per tutti: la parabola della riforma della scuola superiore. Non conosciamo i membri che compongono la commissione ristretta (o segreta? Curiosa interscambiabilità dei termini!), né l’esito dei lavori in corso. Siamo però rassicurati (?!) sulla data dell’attuazione della riforma stessa: l’a.s. 2010/11. Né miglior esito hanno i percorsi giudiziari che abbiamo intrapreso con riluttanza rispetto alla strumento, ma anche con grande coraggio: siamo in attesa della sentenza del nostro ricorso al TAR; mentre dopo la sentenza n. 7076 del 17 luglio 2009 con cui il Tar del Lazio accoglieva due ricorsi proposti per l’annullamento delle Ordinanze ministeriali emanate dall’allora Ministro P.I. Fioroni per gli esami di Stato del 2007 e 2008 , quelle che prevedevano la valutazione della frequenza dell’insegnamento della religione cattolica ai fini della determinazione del credito scolastico, e la partecipazione “a pieno titolo” agli scrutini da parte degli insegnanti di religione, la risposta del Ministro è stata il ricorso al Consiglio di Stato da un lato, dall’altro dichiarazioni sul futuro della valutazione dell’IRC espresse in voti a pieno titolo nelle pagelle dei nostri ragazzi. “Battaglia di retroguardia” hanno affermato molti che pure si professano democratici. Ma siamo convinti da sempre che i diritti non siano classificabili in una sorta di graduatoria tra minori e maggiori e che non difendere un diritto ed il suo esercizio vuol dire anche dimenticarlo in un paese, come il nostro, che appare sempre più smemorato. A noi si rivolgono genitori democratici, studenti che credono nella laicità della scuola e si vedono costretti a subire discriminazioni senza che venga loro riconosciuto il rispetto di un diritto costituzionalmente garantito. Alle purtroppo frequenti violazioni arbitrarie del passato si aggiunge quest’anno l’alibi della scarsità di personale scolastico a causa dei pesanti tagli ai bilanci delle scuole e della grande riduzione del numero di insegnanti. RIBADIAMO CON FORZA che sia il Nuovo Concordato (1984), sia le leggi applicative, sia pronunciamenti della Corte Costituzionale e della Giustizia Amministrativa, le stesse circolari ministeriali IMPONGONO LA PIENA FACOLTATIVITÀ DELL’IRC, e, contestualmente, il pari diritto di coloro che non si avvalgono a veder rispettate le proprie libere scelte: un’attività formativa con apposito docente, studio individuale libero o assistito, la possibilità di assentarsi dalla scuola. Trattandosi di DIRITTI è obbligo dell’amministrazione scolastica assicurarne la fruibilità . Coloro che non scelgono l’IRC non possono venire trasferiti come pacchi da una classe all’altra, o essere costretti a rimanere in classe durante l’irc come “uditori”, o essere invitati a uscire dalla scuola per non creare problemi, se ciò non corrisponde a una spontanea richiesta. Questo il senso del comunicato stampa che abbiamo elaborato con gli amici di “Scuola della Repubblica” e ci conforta il fatto che in tanti stiano aderendo allo stesso comunicato. Che non sia una battaglia di retroguardia ce lo conferma anche il dibattito odierno e bipartizan sull’insegnamento della religione islamica nelle scuole pubbliche a chi ne faccia richiesta. Oggi, con la moltiplicazione delle culture di provenienza e dei culti praticati nel nostro paese, il problema tende ad accentuarsi, ed è più che mai necessario mettere mano al paradosso di una scuola che, proprio perché luogo del ‘venire alla società’ di un individuo, non può permettersi queste discriminazioni. Ma siamo proprio sicuri che la soluzione sia il moltiplicare l’offerta ‘formativa’ in ambito religioso? Con l’istituzione dell’ora di religione islamica anche gli altri culti, da quello ebraico a quelli delle altre chiese cristiane, si sentiranno in diritto di chiedere un’ora dedicata. E con i laici come la mettiamo? Ancora, siamo proprio sicuri che sia così edificante osservare, per un’ora a settimana, una classe che si divide in tanti microcosmi non per scelte formative diverse, ma in ragione di una dimensione così personale come quella religiosa? E, soprattutto, davvero la nostra scuola, con tutto il suo carico di problemi, ha tra le priorità quella di riempire gli istituti di catechisti di varia afferenza? Credo proprio di no. Ne va della laicità delle nostre istituzioni. Né vale l’idea che l’ora di religione islamica salverebbe i ragazzi dalle predicazioni fondamentaliste, che possono essere seguite tranquillamente fuori dall’orario scolastico. Non potevamo perciò non titolare la nostra assemblea al tema della laicità, perché ad essa afferisce la nostra visione del mondo, della politica, della scuola ed è, lo ribadisco il carattere distintivo della nostra associazione in ideale continuità con i nostri fondatori. Laicità è rispetto dell’altro, pratica dei diritti, riflessione compiuta sull’integrazione nella nostra società. Non potevamo quindi che insorgere rispetto al nuovo reato di clandestinità che, al di là di ogni buonismo, priva i minori di diritti fondamentali in un’Italia che si vuole sempre più dominata dalla paura. Nel giro di dieci anni la nostra società ha subito profondi processi di trasformazione. Il processo di individualizzazione che osserviamo sotto i nostri occhi è l’esito di un mutamento profondo delle condizioni di vita (basti pensare al rapporto inedito tra tempo di lavoro e tempo di vita dei nostri giorni). I tradizionali legami di appartenenza si sono allentati e questo rende molto più complessa la lettura dei processi in corso. Sembra di osservare tante storie individuali; forse questa individualizzazione ha delle potenzialità positive (la ricerca di nuovi legami, di relazioni di senso) ma nello stesso tempo ha mostrato una forte subalternità alle tendenze del mercato. Individualizzazione e conformismo riescono a coesistere presentandosi come un panorama frammentato. La crisi dei legami tradizionali accentua l’incertezza, le paure, logora la fiducia nelle istituzioni e nella politica. La precarietà è percepita come paura diffusa. Forse la politica, con grave ritardo, inizia a percepire la gravità di questa lacerazione e avverte il bisogno di un profondo rinnovamento. A tutto campo . E noi vogliamo esserci. Ma è indispensabile che riaffermiamo noi per primi un senso di appartenenza che ha il suo naturale compimento in una forte campagna per il tesseramento. Campagna che non ha solo come sfondo l’obiettivo di contare numericamente (non ci può bastare il credito culturale che il CGD ha conquistato negli anni nel panorama italiano), ma quello di essere orgogliosamente e numerosamente riconoscibili. Né vi devo ricordare che a tutt’oggi il tesseramento è per un’associazione indipendente come la nostra la fondamentale forma di finanziamento. Abbiamo voluto inoltre che la nostra assemblea continuasse il percorso intrapreso sul tema della valutazione nella scuola. Dicevamo mesi fa in un documento congiunto con CGIL “Una idea di valutazione più severa e selettiva così come era, secondo la vulgata ministeriale, nella scuola del passato antecedente ai movimenti della fine degli anni sessanta, ora riproposta per riaffermare la meritocrazia contrapposta al lassismo e al permissivismo della “scuola del ’68” . Il copione ministeriale è insistentemente riproposto dal Ministro, fino ad arrivare alle ultime dichiarazioni nelle quali l’aumento delle bocciature è salutato positivamente, come segnale di una scuola che torna al rigore e alla serietà degli studi degli studi. Trovare un Ministro dell’Unione Europea che plaude all’aumento delle bocciature è difficile: gli obiettivi europei stabiliti a Lisbona nel 2000 impegnano, infatti, i paesi membri a raggiungere entro il prossimo anno un numero di giovani diplomati pari all’85% e a ridurre la dispersione scolastica sotto al 10%. Evidentemente la tendenza ad aumentare le bocciature non può che allontanarci ulteriormente da questi obiettivi, che comunque non avremmo raggiunto. In particolare i dati relativi alla dispersione scolastica sono ancora decisamente preoccupanti: oltre il 20% dei giovani tra 20 e 24 anni non raggiunge né diploma né qualifica ed è escluso da ogni percorso formativo, nel biennio iniziale delle superiori le bocciature si aggirano mediamente attorno al 25% con punte del 50% nei professionali. In realtà è proprio il tema della valutazione che ci mostra quanto fosse approssimativa la nostra prima lettura dei motivi ispiratori della riforma Gelmini, quando leggevamo i primi decreti emessi come dettati dalla logica dei tagli senza alcun fondamento pedagogico alle spalle. Quello che oggi possiamo affermare è che la logica dei tagli sposa una visione del mondo e della scuola dai connotati precisi: una scuola che ritorna -come dalle prime dichiarazioni del ministro- ad essere baldanzosamente selettiva, rigida e non inclusiva; tutta tesa al conseguimento degli apprendimenti (nonostante si faccia un gran parlare di nuove educazioni: una per tutte quella alla cittadinanza a carico, non si capisce per quale ragione, del monte ore già ridotto degli insegnamenti di storia e geografia e dei rispettivi docenti. L’etichetta, tanto altisonante quanto puramente evocativa della nuova materia, così come l’individuazione di docenti senza specifica competenza e formazione né nel settore del diritto né in quello delle teorie e pratiche della cittadinanza, segnala che si tratta di una materia intesa con carattere pedagogico-prescrittivo, un po’ come la vecchia educazione civica) non delle competenze. Dicevamo già mesi fa “Una scuola che boccia di più non è più rigorosa e seria, è, piuttosto, una scuola che abbandona ed emargina i più deboli e svantaggiati e non innalza i livelli generali di istruzione del paese. Anche l’intervento sul voto di condotta, specialmente in presenza di tagli insostenibili alle risorse finanziarie e professionali delle scuole, rischia di assumere una funzione sostitutiva rispetto a relazioni educative rese sempre più difficile dai processi di destrutturazione in corso della scuola pubblica” È questo il motivo per cui non potevamo non ragionare da genitori su temi come la valutazione e le competenze nella nostra assemblea a cui inoltre ricordo che, nello spirito di quanto andiamo affermando, CGIL, FLC, SPI e AUSER hanno promosso una raccolta di firme per presentare in Parlamento una Proposta di Legge di iniziativa popolare per il diritto all’Apprendimento Permanente. Ci occuperemo ancora di partecipazione sapendo che l a dimensione partecipativa , in primo luogo dei genitori e degli studenti, deve vivere come una condizione fondamentale della scuola pubblica. La scuola di tutti non esiste senza una forte dimensione partecipativa le cui forme, al di là dei livelli essenziali, devono essere scelta responsabile della scuola autonoma, esito di una discussione di tutte le sue componenti. La partecipazione possibile è quella voluta e ricercata dai suoi protagonisti. Se il coinvolgimento di genitori e studenti (che certamente “complica” la gestione della scuola) è vissuto come un peso, un fastidio, non c’è norma di legge che impedirà la progressiva dissoluzione di ogni istanza partecipativa. Se la partecipazione sarà vissuta come ricchezza, come complessità positiva, allora si individueranno tutte le forme utili in questa direzione (le assemblee di classe e di istituto, i seminari di approfondimento, i questionari e la loro pubblicizzazione-discussione, il sito web della scuola, l’associazionismo studentesco, ecc). In realtà la collocazione naturale del genitore è tra scuola e territorio: anche i genitori contribuiscono a ridefinire i confini della scuola, promuovendo la sua apertura verso le opportunità formative presenti sullo stesso). Alla solitudine del genitore bisogna contrapporre l’idea di una rinnovata partecipazione democratica, di un ascolto attento dei bisogni da parte dell’istituzione, della ricerca di regole certe e condivise. Ed ancora vogliamo riparlare di organi collegiali di istituto e territoriali senza pregiudizi od ostinazioni difensive e nostalgiche, ma con tutta la consapevolezza del fatto che sono stati una grande scuola di democrazia reale e praticata di molte generazioni di studenti e genitori. Siamo con ostinazione presenti nelle Commissioni di revisione cinematografica, nel CNU e nel Comitato media e minori, con fatica e sempre in assoluta minoranza. Non demordiamo da questo nostro impegno per il quale spendiamo il nostro tempo con passione. In questi giorni è uscito un volumetto “Guida ai genitori” per l’uso delle nuove tecnologie con i nostri figli, alla cui stesura hanno collaborato con Save the children Adele Medici e Mario Russo. Ne siamo particolarmente orgogliosi perché esprime sul tema in questione il nostro punto di vista: vi prego di prenderne visione, di ragionare sulla sua diffusione, di ricordare che siamo pronti ad incontri formativi sul tema che possono aggiungere alla guida un surplus di valore. Quel valore che ci ha fatto rinunciare negli anni, pur consapevoli che la comunicazione interna ed esterna dell’associazione vada migliorata ed è questo un impegno che la segreteria eletta al Congresso si è consapevolmente assunta, ad alcune seduzioni della modernità, al trasformarci tout court in un sito virtuale senza dubbio più ricco di contatti, ma privo dell’anima associativa che esige una scelta, discussione, relazioni personali, che accetta la lentezza della riflessione che la società complessa oggi non tollera. Dobbiamo inoltre, oggi quando si aprono nuovi protocolli d’intesa tra il MIUR e le associazioni genitori riaprire la partita della formazione in modo più organico, mettendo a disposizione di tutti gli iscritti le esperienze che in quest’ultimo anno siamo andati maturando. Mi piace chiudere con alcune riflessioni che il già citato Diamanti fa a conclusione del suo Sillabario : “…Mi rendo conto che il filo della tristezza mi induce a trascurare altre tracce. Nitide. Si dirigono altrove. Profonde: evocano rigenerazione. Se si guarda bene, con attenzione affiorano numerose. Appena si rinuncia alla tristezza che annebbia la vista. Agli occhiali scuri che tutti ormai indossano. E trasformano il giorno in una sera infinita. Per questo abbiamo bisogno di bussole. Per procedere e orientarsi nella nebbia cognitiva ed emotiva, prodotta dal nostro tempo.” Spero che la nostra Assemblea possa fare da bussola A tutti noi buon lavoro Firenze 23 ottobre 2009 |