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AUDIZIONE MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
17 aprile 2007

 

INDICAZIONI NAZIONALI

A) Cultura, educazione, scuola

In relazione al documento presentato il 3 aprile si esprime un parere pienamente positivo sull'elaborazione in esso contenuta relativamente ai nodi tematici della società complessa perché risponde alle domande di senso che da anni il Coordinamento Genitori Democratici si pone. Come orientarsi nel mare tempestoso di una società “complessa”? Quali valori trasmettere e come alle nuove generazioni? Quali e quanti saperi saranno indispensabili e non frutto di mode temporanee? Tempi dell'educazione distesi o tempi che sembrano rispondere all'accelerazione imposta della modernità? Come difendere, o è giusto difendere, i nostri bambini dall'invadenza dei media? Come raccogliere le nuove sfide della multiculturalità che oggi affronta il nodo dell'integrazione delle seconde generazioni, elemento di trasformazione per le società riceventi?

Come può orientarsi un genitore tra le mille offerte formative alla ricerca della “qualità” spesso ridotta a contabile sommatoria di opzioni? Come stimolare la creatività, unico antidoto alla società dell'omologazione, nei nostri bambini?

A fronte del moltiplicarsi delle agenzie formative che connotano una società complessa, non possiamo non ribadire che la scuola pubblica cui è affidato un compito costituzionale e che deve dare senso e finalità ai saperi eterogenei che giungono da mille rivoli, ha bisogno di tempi distesi, non di accelerazioni, non di rincorrere una pseudomodernità, ha bisogno di accogliere per più tempo e per più anni i nostri ragazzi. Ha bisogno di non ridurre il tempo dell'apprendimento all'equazione tempo di lezione erogato ® apprendimento disciplinare. Si autorizza così il comportamento di adulti che non avendo più tempo per l'ascolto e risparmiandosi ogni tipo di riflessione o di autocritica possono delegare anche ai farmaci la normalizzazione di un problema. Per far sì cioè che il bambino si comporti nel modo che fa più comodo agli adulti. In particolare, si ripropone con forza una domanda: quanto riusciamo a garantire e accrescere per i nostri figli il livello di democrazia e di giustizia sociale nell'accesso alle opportunità educative? Non corriamo, piuttosto, il rischio di procedere verso le nuove frontiere del lavoro e della formazione gravati ancora dal peso delle vecchie differenze di classe e di condizione socio-economica, producendo nel contempo nuove discriminazioni ed inedite forme di emarginazione sociale e culturale?

In che misura il sistema formativo pubblico riesce a garantire eguaglianza ed equità, superando il gravame delle condizioni familiari e socio-culturali di partenza? Quanto riesce a produrre esperienze positive in grado di contrastare i fenomeni dell'abbandono e della dispersione scolastica?

A queste domande il documento risponde anche facendo giustizia di alcuni equivoci interpretativi: la centralità della persona che apprende e non la personalizzazione e il solitario individualismo dello studente o del genitore di fronte a scelte “opzionali”,l'apprendere in contesti relazionali (la classe come ambiente educativo .... ognuno impara meglio nella relazione con gli altri ...., la scuola accogliente)

Il documento offre inoltre un'utile base di confronto sulla quale costruire a maglie larghe un nuovo patto sistemico scuola-genitori: Di esso si parla moltissimo e non c'è opinion maker che non dichiari responsabilità o fallimenti della relazione educativa attribuendola ora alle famiglie ora all'inadeguatezza della scuola. In realtà in questo modo si pensa alla relazione educativa come una relazione di potere inteso nel senso di: “Chi comanda?” quando la relazione stessa è sì, questione di potere, ma di potere accrescitivo e moltiplicativo dei protagonisti: “Cosa posso fare (come genitore, come insegnante)? E come il mio potere può accrescere il tuo?”. Non solo petizione di principio o generico solidarismo pertanto, ma tentativo di riequilibrare l'asimmetria presente nella relazione educativa. È opportuno precisare che la relazione educativa può connotarsi come asimmetrica sia nella scuola sia nella famiglia, nel senso che tende a prevalere un'impostazione di potere a cui è estranea la cultura dell'ascolto e dell'attenzione.

(N.B. Il documento potrebbe essere inviato alle scuole per favorire la diffusione di una nuova consapevolezza, necessaria per la lettura delle differenze, non come patologie o periodiche emergenze, ma come aspetti fisiologici della multiforme fenomenologia dell'essere. Ciò appare necessario poiché, purtroppo, la cultura maggioritaria e forse dominante della scuola, risulta essere ancora quella che interpreta come strumenti educativi quelli sanzionatori).

 

B) Il curricolo nella scuola dell'autonomia

  1. Corretta la contestualizzazione e la “storicizzazione” della vicenda delle Indicazioni all'interno di un processo della scuola che non consente più la perniciosa idea di un anno zero della pedagogia e della scuola da cui ripartire. In questo senso anche le future Indicazioni devono essere proposte come perfettibili e si potrebbe indicare un periodo di tempo ragionevole per la loro valutazione e/o revisione o addirittura proporle in questa fase come sperimentali. Apprezzabile la restituzione alle scuole della dimensione di ricerca didattica e metodologica nella nuova centralità che assume il curricolo
  2. Nel rinnovato rapporto centro-periferia che prevede l'individuazione degli obiettivi generali del processo formativo; gli obiettivi specifici di apprendimento (possibilmente agili e non intrusivi rispetto al curricolo di scuola); le discipline e le attività costituenti la quota nazionale dei curricoli e il relativo monte ore annuale da parte del ministero, ci sembra manchi un approfondimento rispetto al tema della valutazione. Sarebbe infatti stato opportuno precisare che i criteri, gli strumenti che attengono alla valutazione iniziale e continuo-formativa competono all'istituzione scolastica, ma che i documenti terminali di valutazione dei singoli periodi scolastici (annuali o biennali) sono predisposti centralmente dato che hanno valore certificativo garantendo in tal modo l'unità del Sistema scolastico Nazionale di Istruzione.
  3. Apprezziamo la scomparsa di un docente gerarchicamente sovraordinato agli altri nella relazione con i genitori (correttamente non più definiti come clienti o utenti): essa è responsabilità diffusa di tutti i docenti e non delegabile anche nell'ambito di un ripensamento non burocratico della relazione con le famiglie in un rinnovato patto educativo
  4. Rimane sottesa una domanda:quali saranno i cicli dell'istruzione? La filosofia stessa del curricolo implica una progettazione che non può avere il fiato corto o essere compressa in cicli brevi, ma che va pensato verticalmente in una logica di continuità che tenga ovviamente anche conto delle discontinuità dell'età evolutiva. Al ciclo primario di cinque anni riteniamo si debba aggiungere un secondo ciclo anch'esso di cinque anni ( manca nel documento ogni riferimento all'innalzamento dell'obbligo di istruzione) che sottragga la attuale scuola media dall'affanno progettuale e consenta una reale didattica dell'orientamento quanto mai necessaria in una società complessa che così bene il documento analizza.

 

I documenti

cultura scuola persona

verso le indicazioni nazionali per la scuola dell'infanzia e per il primo ciclo di istruzione

il curricolo nella scuola dell'autonomia