torna alla home page 
torna a documenti

AUDIZIONE DEL 27/09/05
VII Commissione

Schema di decreto legislativo concernente le norme generali ed i livelli essenziali delle prestazioni sul secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione ai sensi della legge 28 marzo 2003, n.53

Il Coordinamento Genitori Democratici accoglie senz’altro l’invito a produrre le osservazioni dell’associazione in merito allo schema di dlgs concernenti le norme generali ed i livelli essenziali delle prestazioni sul secondo ciclo del sistema educativo.
Finora, con nostro rammarico, non una delle proposte e/o dei rilievi critici dell’associazione ha trovato riscontro nei testi definitivi via via approvati: tuttavia intendiamo ancora una volta esprimere il nostro rispetto nei confronti delle finalità e degli incarichi istituzionali, auspicando che le nostre considerazioni in merito allo schema di decreto in oggetto siano recepite.
Come è già accaduto con il decreto legislativo 59/2004 anziché tener conto delle valutazioni critiche sollevate da settori importanti del mondo della scuola, della cultura, dell’opinione pubblica il decreto interpreta e ripropone i contenuti e i principi dell’ art.2 della legge 53 che forza in modo estremizzante la separazione manichea tra i due percorsi formativi successivi al primo ciclo.
Certo non ignoriamo che i due sistemi siano postulati dal titolo V della Costituzione.
In realtà, a noi pare, che nel nuovo titolo V non sia contenuto il mandato di costruire dopo il primo ciclo due sistemi formativi paralleli e alternativi (uno che continui il percorso di istruzione, basato su principi generali dettati dallo Stato e governato dalla concorrenza Stato-Regioni e l’altro di esclusiva competenza regionale). Viene semplicemente confermato che compete alle Regioni garantire un sistema di istruzione e formazione professionale (certamente finalizzato al raggiungimento di qualifiche professionali ma non ad essere sostitutivo dell’istruzione dai 14 anni): come venga costruito, in quali rapporti stia con l’istruzione sarà compito proprio delle Regioni e dei necessari accordi Stato–Regioni definire. L’attuazione dell’art. 117 della Costituzione è responsabilità del Parlamento e le forme possibili e legittime di attuazione sono diverse: la scelta dei due sistemi è appunto una scelta politica legittima ma non obbligata.
In questi mesi proprio attorno alle possibili scelte alternative a quella del doppio sistema sta emergendo un fitto e fruttuoso confronto.
Ancora, l’assenza delle modalità di valutazione dei crediti ai fini dei passaggi tra i percorsi del sistema dei licei ed i crediti acquisiti nei percorsi di istruzione e formazione, demandati ad accordi da assumersi in sede di Conferenza Stato-Regioni (art.1 comma 10), degli standard minimi formativi per la spendibilità nazionale dei titoli professionali, della quota oraria del curricolo obbligatorio spettante alle Regioni (come previsto all’art. 7 della legge 53/03) impedisce di esprimere un giudizio più articolato sullo schema di decreto in questione.

Posizione non solitaria in quanto lo schema di decreto legislativo sul secondo ciclo, approvato in Consiglio dei Ministri lo scorso 27 maggio, ha incontrato l’opposizione generalizzata del mondo della scuola: CNPI, organizzazioni sindacali, associazioni professionali, autonomie locali, centinaia di Collegi di Docenti. E’ auspicabile maggiore prudenza e un tempo di riflessione utile ad accogliere e valutare le richieste del mondo della scuola per raggiungere consenso e partecipazione diffusi.

Inutile ricordare che negli ultimi anni è cresciuta l’esigenza di garantire a tutti, “lungo l’arco della vita”, il diritto/dovere alla istruzione e alla formazione e che tra istruzione e formazione professionale esistono differenze tali da rendere non alternativi questi percorsi; essi rappresentano semmai esperienze formative complementari. Ribadiamo perciò l’importanza per tutti i ragazzi della centralità dell’esperienza scolastica: il percorso di istruzione 14-16 anni deve davvero rappresentare il “tempo della scuola”, della formazione culturale da consolidare, da rendere persistente e stabile, mentre il periodo appena successivo a tale età (16-18 anni) può costituire il tempo della contaminazione tra i sistemi formativi.
E’ fondamentale che tutti i ragazzi raggiungano un livello di istruzione qualificato. È questa una difficile sfida per la scuola, ma non ci sono scorciatoie: ai ragazzi in difficoltà si deve proporre una scuola che, senza rinunciare alla propria funzione, sia in grado di intercettare la loro esperienza conoscitiva, evitando la suggestione di ipotetiche e precoci "vocazioni" al lavoro.
Il primo comma dell’art. 34 della Costituzione (“L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita”) prevedrebbe, a quasi sessant’anni dalla promulgazione, un elevamento dell’istruzione obbligatoria e non un ambiguo richiamo ad un diritto/dovere in percorsi rigidamente differenziati rispetto ai quali i continui richiami alla pari dignità dei percorsi che caratterizzano i due sistemi non sono sufficienti per garantire la reale parità formativa: l’equivalenza formativa e dei risultati è un fatto sostanziale e non può essere raggiunta con una semplice dichiarazione di intenti; i due sistemi sono costruiti su finalità e principi educativi troppo diversi per essere posti come alternativi a ragazzi di 13 anni.
La proposta del Campus (art.1 comma14) non è in grado di risolvere i problemi strutturali che sono di natura istituzionale e non organizzativa non producendo altro che ulteriore confusione nello sforzo di tranquillizzare quanti sono oggi preoccupati del destino dell’istruzione tecnica e professionale.

Si approfondisce inoltre l’idea per cui il liceo classico torna ad essere l’unico percorso in cui vengono garantiti “gli strumenti necessari per l’accesso qualificato ad ogni facoltà universitaria” e dall’altro lato i licei “indirizzati” come sommatoria a volte incongruente e appesantita di materie specialistiche tali da risultare un ibrido tra l’aspirazione dichiarata di liceo e la parodia degli attuali istituti tecnici e professionali.

Nel merito dell’organizzazione educativa e didattica si ripete la scelta fatta per il primo ciclo: un tempo-scuola comune ridotto al minimo (però rimane aperto il problema della quota regionale che potrebbe ulteriormente ridurlo) a cui si sommano tempi opzionali (obbligatorio e facoltativo).
(Non si capisce come le nuove discipline e attività, i nuovi quadri orari, si raccordino con l’attuale organizzazione delle cattedre)!

Il decreto ad onta di tutti i rilievi espressi da più parti dal mondo della scuola continua ad aprirsi all’art.1 comma 3 con l’affermazione già contenuta nell’art. 2 della legge 53: “nel secondo ciclo del sistema educativo si persegue la formazione intellettuale spirituale e morale, anche ispirata ai principi della Costituzione”.
Ribadiamo perciò quanto già espresso: i principi che si ispirano alla Costituzione sono subordinati alla “formazione intellettuale, spirituale e morale” con un richiamo a principi e valori di parte, in contrasto con la dimensione pluralista e laica delle scuole pubbliche.
Così come “lo sviluppo della coscienza storica e di appartenza alla comunità locale, alla collettività nazionale e alla civiltà europea”. Ribadiamo che in tal modo resta estranea la visione mondiale e interculturale che sarebbe finalità prioritaria in una scuola che voglia comprendere gli attuali processi di globalizzazione che i nostri ragazzi quotidianamente vivono e collocarsi in un contesto di indispensabile complessità.
Per questo complesso di motivi, per la distanza sostanziale dai bisogni formativi delle nuove generazioni espressi dalle scelte che il decreto esprime, ne chiediamo il ritiro.

su [ torna su ]

torna alla home page 
torna a documenti