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Audizione del 7 maggio 2002
alla VII Commissione del Senato sul Disegno di Legge della maggioranza sulla riforma della scuola

La nostra posizione

Premesso che siamo profondamente convinti del fatto che ogni vera riforma deve essere capace di oltrepassare il crinale della legislatura in corso, accomunando "vincitori e vinti" del nuovo sistema elettorale maggioritario, proponiamo in sintesi alcuni nodi ritenuti problematici dalla nostra associazione.

  • Scompare all’art. 2 comma 1 il richiamo costituzionale alla Repubblica come soggetto che si impegna a garantire pari opportunità di formazione.


  • Appare di difficile interpretazione l’enunciato "sono favorite la formazione spirituale e morale, lo sviluppo della coscienza storica e di appartenenza alla comunità locale, alla comunità nazionale ed alla civiltà europea", perché si intrecciano dati atemporali,: la civiltà europea è un dato a priori che esclude strumenti critici?

  • "E’ assicurato a tutti il diritto all’istruzione e alla formazione per almeno 12 anni…": non entriamo nella querelle della legittimità o meno del termine obbligo, sentiamo però che va fatta chiarezza relativamente alla legge 9\99 che aveva esteso l’obbligo a 10 anni ed in via transitoria a 9 anni. Il sistema di istruzione e formazione a canne d’organo che si prefigura induce a confusioni di lettura ed interpretazione.


  • Relativamente alla scuola d’infanzia, la vera novità è nella diversa età di accesso. Oggi è riservata ai bambini che compiono tre anni nel corso dell’anno solare. Qui si ipotizza l’accesso anche per i bambini che compiono tre anni entro il 30 aprile dell’anno successivo: si è riflettuto abbastanza sul cambiamento di modello pedagogico ed educativo che viene proposto alla scuola d’infanzia e sui costi necessari per allestire ambienti educativi idonei ai bisogni dei bambini di questa fascia d’età?

Il comma 4 dell’art.7 rinnova le nostre preoccupazioni in tal senso: "Dall’a.s.2002/3 possono iscriversi al primo anno della scuola d’infanzia i bambini che compiono i sei anni d’età entro il 28 febbraio, compatibilmente con la disponibilità di posti e delle risorse finanziarie dei Comuni….".Non quindi un diritto soggettivo pieno, ma un interesse subordinato alle esigenze di spesa pubblica che contraddice con la libertà di scelta e rischia di riprodurre situazioni a macchia di leopardo cui da troppo tempo in Italia siamo abituati.Va anche considerato che le iscrizioni alle prime classi elementari sono già state effettuate nel passato mese di gennaio: la loro riapertura rischia di creare non poco disorientamento tra i genitori. Inoltre la scelta al termine della scuola primaria può avvenire per alcuni studenti a 13 anni o poco più, età rispetto alla quale è legittimo avanzare delle riserve rispetto alla reale capacità di prefigurare un proprio progetto di vita.

  • Ancora all’art. 2 lettera l " i piani di studio, nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, contengono un nucleo fondamentale, omogeneo su base nazionale, che rispecchia la cultura, le tradizioni e l’identità nazionale, e prevedono una quota, riservata alle Regioni, relativa agli aspetti di interesse specifico delle stesse, anche collegata con le realtà locali." Quale quota? Quali i decisori? Cosa rimane della quota di curricolo a disposizione delle istituzioni scolastiche autonome? Autonomia contro un nuovo centralismo, questa volta regionale?

 

Roma, 7 maggio 2002