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le regole sul banco

Roma, 13 marzo 2007
l'intervento di Mario Russo

BAMBINI VICINI E LONTANI
quattro interviste su media e minori

Probabilmente per molti di voi sarà ormai diventata un’abitudine, ma debbo confessare che quando uno come me, che da più di venti anni ha tappezzato le pareti della sua stanza di lavoro con le foto di Giuseppe Di Vittorio, si trova a partecipare ad un convegno che vede tra gli organizzatori la Fondazione che porta il suo nome, allora non riesce a trattenere una certa emozione.
Tanto più, se al centro di questo convegno si ritrova quel rapporto speciale che tiene stretti tra loro la scuola e la democrazia, l’accesso alle conoscenze e la conquista della libertà. Come non ricordare che proprio Di Vittorio aveva parlato di sé come di “un evaso da quel mondo dove impera l’ignoranza”.
Questo legame tra scuola e democrazia, tra conoscenze e libertà si pone oggi certamente in forme molto diverse da come si presentava all’inizio del '900, o anche soltanto 50 anni fa, non solo per i nuovi problemi che si sono presentati ma anche per il rilievo che in questi anni hanno assunto i vecchi e nuovi mezzi di comunicazione di massa, con i loro contenuti, con le specifiche modalità di fruizione, con la capacità che manifestano di “spiazzare” i ruoli che hanno svolto finora i genitori e la scuola.
In questo senso, abbiamo pensato di proporre un’occasione per riflettere con un approfondimento adeguato attorno alle questioni dell’influenza che esercitano i mass media sui comportamenti di bambini e ragazzi, in particolare per quanto riguarda i loro contenuti potenzialmente nocivi, all’interno di un incontro sui temi del bullismo e delle regole di convivenza democratica nei contesti scolastici ed educativi.
La necessità di governare il rapporto dei minori con i mass media, da una parte, e l’esigenza di contrastare i fenomeni di bullismo e prevaricazione, dall’altra, pongono la scuola e i genitori in una particolare condizione di “specularità”, che mette in gioco il difficile rapporto di entrambe con la propria identità, li costringe a riconsiderare le proprie finalità e le proprie risorse, oltre allo stato dei rapporti reciproci.
Negli ultimi mesi, numerose dichiarazioni, appelli prese di posizione hanno chiamato in causa l’influenza dei mass media nel dibattito sul bullismo e sull’educazione alla legalità. Queste prese di posizione hanno spesso gli episodi di prevaricazione e di rottura delle regole sociali che sono avvenuti nei contesti scolastici alla “perversa” influenza dei contenuti e dei modelli culturali che tv, videogiochi, internet e simili propongono alle generazioni più giovani.
Nasce anche da questo l’esigenza di far sentire anche qualche voce che risuoni con tonalità differenti da queste; vale a dire, stimolare e raccogliere punti di vista e riflessioni che aiutino a configurare in termini adeguati la questione dell’influenza; porre in luce tutti gli elementi di complessità e i fattori di mediazione che caratterizzano i fenomeni in questione; contrapporre a valutazioni troppo spesso moralistiche considerazioni coerenti con gli esiti dalla ricerca empirica.
Nella documentazione predisposta per il convegno è compreso un Quaderno di documentazione, dal titolo “Come mediare i media”, che raccoglie quattro interviste ad studiosi che da anni dedicano particolare attenzione all’evoluzione dei mezzi di comunicazione di massa in rapporto alle condizioni di vita dei minori.
Hanno aderito, con grande disponibilità, Maria D’Alessio, Marina D’Amato, Roberto Farnè e Mario Morcellini.
Si tratta di ricercatori che provengono da aree disciplinari tra loro diverse (psicologia dell’età evolutiva, sociologia della comunicazione, pedagogia,) seppure riconducibili al più ampio campo di interesse costituito dalle tematiche educative.
Si tratta soprattutto di quattro interventi che si collocano in un ambito che potremmo definire “culturalmente laico”, secondo due tipi di considerazioni:

  • per il fatto di non limitarsi a sottoporre le vicende della vita quotidiana al vaglio dei valori e delle norme etiche, ma reciprocamente mettere alla prova valori e norme etiche con le nuove questioni che la concreta vita quotidiana ci presenta;
  • per l’adesione ad un metodo che induce a derivare i valori e le scelte conseguenti da uno spregiudicato confronto con l’esperienza.

Nei quattro interventi riportati nel Quaderno di documentazione non si troverà coincidenza delle analisi e delle proposte, così da prefigurare un sotteso manifesto politico-programmatico: Tuttavia, traspare un comune denominatore che è dato dalla comune costante adesione alle risultanze della ricerca, dallo sforzo di seguire fino nelle pieghe più minute la complessità dei fenomeni e dei fattori in gioco e, soprattutto, dalla consapevolezza che il confronto con l’evoluzione dei vecchi e dei nuovi media si presenta per noi come destino non eludibile e pone questioni decisive per lo stesso sviluppo delle società democratiche.
In questo intervento cercheremo di sfuggire alla tentazione di formulare sintesi o conclusioni, per riprendere invece qualche eco delle riflessioni raccolte nelle interviste e, al tempo stesso, accostarle alle tematiche del bullismo e delle regole di convivenza democratica.
Ciò che, in primo luogo, trova conferma è la convinzione che proprio la rilevanza e la complessità dei fenomeni correlati al rapporto tra minori e mass media induce a rifuggire dall’adozione di ogni modello riduttivo di imputazione; un modello tale da ricondurre allo sviluppo e alla diffusione delle nuove tecnologie della comunicazione tra le generazioni più giovani la causa ultima di un generale e progressivo imbarbarimento e decadenza della vita collettiva, in modo speciale nei contesti scolastici ed educativi.
D’altra parte, non è opportuno neppure sottovalutare la portata delle trasformazioni in atto e i mutamenti che indotti nei contesti educativi e formativi che coinvolgono bambini e ragazzi.
Si possono collocare le suggestioni e gli echi delle riflessioni raccolte nelle interviste all’interno di uno spazio triangolare, i cui “vertici” costituiscono tre specifici “punti di vista”, convergenti quindi verso il nodo problematico dei rapporti tra genitori ed istituzione scolastica.

A) La democrazia delle opportunità
L’incidenza sempre maggiore dei linguaggi e delle esperienze multimediali, all’interno della pluralità dei contesti familiari e dei modelli educativi contribuisce a delineare gli elementi di complessità nei nuovi orizzonti formativi.
La questione della democrazia delle opportunità di accesso alle risorse educative si pone in forme inedite ma con forza ancora maggiore di una volta: quanto riusciamo ad accrescere per i nostri figli il livello di democrazia e di giustizia sociale nell’accesso alle nuove opportunità educative? quali rischi derivano ancora dal gravame delle vecchie differenze di classe e di condizione socio-economica e, nel contempo, delle nuove forme di discriminazione e di emarginazione sociale e culturale?
In questi termini, anche l’emergere dei fenomeni di bullismo e prevaricazione spinge in direzione della finalità di assicurare contesti formativi nei quali ciascun allievo possa essere garantito nel proprio percorso di apprendimento e socializzazione all’interno di un contesto emotivamente positivo.
La quantità e la velocità delle trasformazioni avvenute, assieme alla ricchezza e diversità dei contenuti pone il nostro attuale rapporto con i media di fronte al bivio se divenire opportunità di sviluppo che non lasci indietro nessuno, ovvero rischio di generare, accanto alle vecchie, nuove condizioni di disuguaglianza.
Pertanto, anche nei confronti del mondo della comunicazione la questione dei rapporto con i vecchi e i nuovi media si pone nei termini dei diritti da assicurare ai minori; in particolare, i diritti:

  • alla libertà di espressione e di manifestazione del proprio pensiero, come pure a ricercare e diffondere liberamente informazioni e idee;
  • all’eguaglianza nella disponibilità e nell’uso degli strumenti di comunicazione; a questo fine, comunità e istituzioni sono chiamati a operare per rimuovere gli ostacoli economici, sociali, tecnici e per superare i limiti cognitivi che impediscono la disponibilità e l’uso di tutti i mezzi di comunicazione appropriati per i minori;
  • a ricevere dai genitori, dalla scuola e dalle altre agenzie educative, la formazione e le conoscenze adeguate alla sua crescita e maturazione, compresa l’educazione alla comunicazione e all’uso consapevole e critico dei media;
  • ad una equilibrata vita sociale, nella quale l’esperienza della dimensione virtuale e mediatica si integri in modo equilibrato e non dominante;
  • alla tutela della propria dignità e riservatezza, oltre che alla sicurezza nell’uso dei media rispetto a comportamenti illeciti o a rischio.

B) Migrazione tra mondi reali e virtuali
Non solo le ricerche sui comportamenti dei ragazzi nei confronti delle nuove tecnologie della comunicazione multimediale, ma anche le comuni osservazioni quotidiane nei contesti di vita che ci sono più vicini mostrano come la fruizione mediatica dei ragazzi si configuri sempre più come un processo di migrazione continua tra mondi reali e virtuali, come attraversamento di frontiere tra diversi contesti mediatici (tv, internet, videogiochi, lettori musicali, cinema, ecc.) e di vita quotidiana (vita familiare, scuola, amici, sport, e così via).
Ad esempio, nell’intervista a Morcellini, si riporta che il medium televisivo non è più il preferito per bambini e ragazzi: al primo posto è occupato dalla console per i videogiochi e un posto di rilievo lo hanno anche il pc e il telefono cellulare.
Di fronte a questo tipo di scenario, il ruolo dei tradizionali agenti di socializzazione (genitori e scuola) è sollecitato a trasformarsi, ad abbandonare l’illusione di inseguire un modello di dominio fondato sulla padronanza delle conoscenze e delle capacità (il docente ne sa di più degli studenti e il genitore sa fare più cose dei figli) poiché si tratta di un modello oramai impossibile da restaurare.
Al contrario, proprio la confusione e il disorientamento potenzialmente correlati al continuo passaggio dei ragazzi tra esperienze virtuali e reali, richiede da parte degli adulti coinvolti un contributo di tipo nuovo, in grado di aderire più efficacemente alle esigenze poste dall’accresciuta complessità dei processi educativi.
In altri termini, per i genitori e per i docenti si pone una sfida che è data dalla capacità di governare i processi di transito tra i diversi ambiti esperienziali dei ragazzi, più che dominare i contenuti al loro interno (valorizzando, ad esempio, le opportunità legate alla fruizione di media diversi ed evitando il dominio di esperienze virtuali con in unico medium); facilitare le opportunità di scambio e di reciproco arricchimento nella quantità e nella qualità delle esperienze maturate. In altri termini, consentire Ma, soprattutto, si manifesta nella capacità di mostrare concretamente ai ragazzi e agli allievi in che modo attribuire a questo flusso di esperienze un ordine di priorità , una gerarchia di valori.
Infatti, la condizione della migrazione attraverso mondi reali e virtuali comporta anche il passaggio tra modelli culturali ed etici di riferimento tra loro differenti e talvolta conflittuali. Il rischio per le generazioni più giovani non è quello di pervenire ad un cosiddetto “relativismo” dei valori, poiché l’accettazione dell’esistenza di un pluralismo di modelli etici non è altro che la presa d’atto di un dato di realtà ormai non eludibile; al contrario, il rischio consiste piuttosto nell’incapacità a costruire un proprio modello di riferimento etico, fondato sull’assunzione della personale responsabilità e in grado di consolidarsi attraverso la maturazione di esperienze emotivamente significative con la propria rete sociale.

C) Regole e sistemi di tutela
È comune esperienza che, senza le regole del gioco, non sarebbe possibile nessuna partita a scacchi, ma si assisterebbe solo ad un confuso movimento di pezzi sulla scacchiera.
L’attenzione ai sistemi di tutela dei minori nel campo della comunicazione porta con sé la considerazione delle regole, sia nel senso del loro rispetto e della loro credibilità, sia nel senso della capacità di queste di promuovere comportamenti positivi.
In questi termini, è visibile anche il rispecchiamento con le problematiche della lotta al bullismo e della promozione di comportamenti pro-sociali.
Definire e far rispettare regole condivise, in grado di garantire livelli di sicurezza adeguati, consente ai minori l’esercizio della libertà di esplorare le opportunità di espressione, di gioco, di formazione e socializzazione offerte dai contesti mass-mediatici; come pure, il rispetto di regole analoghe consente agli allievi di vivere il proprio percorso formativo in un contesto sentito come positivo e amicale.
Si presentano due aspetti sui quali è necessario riflettere:

  1. il richiamo ad un sistema di tutela (leggi, codici, sanzioni, ecc.) non può limitarsi a porre limiti e misure sanzionatorie, ma deve sviluppare opportunità; andare oltre la denuncia e la richiesta di sanzioni, per promuovere le opportunità educative e formative per le generazioni più giovani; in altri termini, dissuadere da comportamenti dannosi e promuovere comportamenti virtuosi. Ciò non è realizzabile, al di là della previsione di norme ed organismi di tutela, senza la capacità di sviluppare competenze educative diffuse in grado di condizionare anche la qualità dell’offerta multimediale, oltre che le modalità di fruizione da parte di bambini e ragazzi.
  2. Più in generale, non è possibile pensare ad una tutela di bambini e ragazzi (sia verso l’influenza potenzialmente negativa dei media, sia contro le forme di bullismo e di prevaricazione) senza il recupero di una forte attenzione ai minori stessi, alle loro esigenze di comunicazione, di apprendimento e di vita sociale; come pure senza una conseguente capacità di promuovere proposte mediatiche, formative, di relazioni sociali in grado di risultare attraenti ed adeguate alle specificità delle diverse fasce evolutive.

Il confine nella relazione tra scuola e genitori
Le considerazioni in merito alle tematiche della democrazia delle opportunità, della migrazione dei minori tra mondi reali e virtuali, delle regole e dei sistemi di tutela chiamano in causa la capacità di genitori e scuola (ma anche di associazioni, istituzioni, emittenti, e così via) a lavorare in modo da “fare sistema”. Vale a dire, attivare sinergie convergenti, ciascuno a partire dal proprio ambito di responsabilità, attorno all’obiettivo della difesa e della promozione dei diritti di bambini e ragazzi ad essere educati all’uso dei media ed accedere all’informazione e a programmi adatti a promuoverne le attitudini e la formazione di una coscienza critica.
In questi mesi abbiamo assistito a processi mediatici rivolti, di volta in volta, contro l’uno o l’altro dei soggetti coinvolti nella responsabilità educativa; anche in questo convegno non sono mancati i riferimenti ad casistiche, più o meno pittoresche, per stigmatizzare le inadeguatezze attribuibili ai genitori. Non sarebbe difficile contrapporre a certe casistiche, altre casistiche egualmente consistenti che hanno al centro docenti o dirigenti scolastici: tuttavia, l’esperienza quasi trentennale di lavoro volontario in un’associazione di genitori mi ha insegnato a pensare in termini più produttivi alla questione dei rapporti tra genitori e scuola.
Infatti, è ormai consueto, per chi opera in un’associazione di genitori, configurare metodologicamente il proprio lavoro attraverso la metafora del “confine” e del lavoro “sul confine”. Ciò prende le mosse dalla consapevolezza che ci sono obiettivi educativi rilevanti per bambini e ragazzi che non possono essere perseguiti se non attraverso l’assunzione di una responsabilità comune tra scuola e genitori e la creazione di luoghi di confronto reciproci. Lavorare “sul confine”, - non solo nei confronti dei media, ma anche nelle attività di contrasto al bullismo e alle condotte violente e di promozione di comportamenti pro-sociali - significa costruire progetti comuni, fare affidamento su risorse condivise, adottare modalità operative “di rete”, integrare linguaggi e metodologie, condividere responsabilità pur sulla base di apporti e funzioni differenti.
Una conseguenza non eludibile per ciascuno degli attori coinvolti è certamente il sentimento di profonda riconsiderazione dell’identità propria, oltre che dei rapporti con gli altri soggetti coinvolti.
Torniamo in questo modo alla considerazione, esposta all’inizio di questo intervento, sulla particolare condizione di “specularità” nella quale sono proiettati genitori e scuola.
In particolare, per quanto concerne l’istituzione scolastica, le questioni poste dalla forte influenza esercitata dai mezzi di comunicazione di massa sulle generazioni più giovani - come pure da altri problemi come quello della necessità di contrastare il bullismo e promuovere regole di convivenza democratica - mettono in campo la domanda su quali possano essere le possibilità e le modalità attraverso cui la scuola può prendersene cura.
Suscita certamente dubbi la scelta di aggiungere nuovi compiti ai vecchi compiti, nuovi contenuti di insegnamento ai vecchi contenuti; rimanendo cioè all’interno di un paradigma di sommatoria delle discipline, per cui la scuola finirebbe per dire di sì a tutto (dall'educazione alla salute a quella stradale, dai fumetti all'educazione alimentare, e così via), finendo perciò con il condannarsi ad un'obesità dei contenuti e dei programmi che la costringe alla sostanziale immobilità.
Al contrario, il confronto con le nuove questioni poste dall’espansione dei nuovi media e dell’universo immaginario da questi veicolato provoca piuttosto l’effetto di far “precipitare”, ricondurre repentinamente l’istituzione scolastica nella sua condizione dell’”origine”, nel senso soprattutto di indurla a interrogarsi sulla sua provenienza, sulla sua giustificazione, sul senso del suo essersi configurata in un certo modo. Ciò può contribuire a individuare le linee di tensione in rapporto alle quali le istituzioni scolastiche siano in grado di ripensarsi e ri-progettarsi costantemente nelle finalità pedagogiche, nei contenuti, negli strumenti della propria azione formativa.
Infine, in questo “luogo dell’origine” (che non vuol dire il ritorno alla vecchia scuola della maestra unica, magari con la penna rossa) potremmo forse percepire la domanda che da sempre sottende il nostro bisogno di scuola e alla quale siamo chiamati, di tempo in tempo, a dare risposte ogni volta diverse.
È forse la domanda che spinge Giuseppe Di Vittorio, un giorno di quasi un secolo fa, alla stazione di Barletta, davanti ad una bancarella di libri usati, a barattare la sua giacca con un grosso volume, unto e consumato, che conteneva un lungo elenco di parole con accanto il significato e sulla copertina una parola che non aveva mai sentito prima, “Vocabolario”.
Oggi, il vocabolario di cui abbiamo bisogno dovrebbe probabilmente contenere parole di lingue diverse, perché sempre più ragazzi vengono da lontano e dobbiamo saper parlare con loro; dovrebbe contenere anche immagini e suoni, perché le forme che oggi ci sono date per esprimere il nostro pensiero e i nostri sentimenti sono sempre più numerose e ricche; dovrebbe contenere anche qualche regola e qualche comportamento virtuoso perché nessuno sia costretto a rimanere indietro e non abbia la sua possibilità di successo educativo.
È in questo senso che possiamo dire che anche oggi, come un secolo fa, la domanda che percepiamo quando vediamo la scuola proiettarsi nel suo luogo d’origine è una domanda di libertà ed è anche una domanda di democrazia.