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IL C.G.D. e la legge delega sul riordino dei cicli

Riguardo al metodo: esprimiamo un forte dissenso rispetto allo strumento della legge delega con cui il governo avoca a sé una materia così delicata e di interesse della società tutta, scavalcando il Parlamento luogo deputato al confronto democratico.

La delega inoltre copre una materia troppo ampia ed entra anche in terreni che non sono di sua competenza come quello della contrattazione sindacale.

Siamo fortemente preoccupati per l'esordio della legge che dice di "favorire la formazione spirituale e morale" dei nostri figli: cosa si intende per spirituale? Il recente decreto che immette nei ruoli dello stato gli insegnanti di religione cattolica anche su altri ambiti disciplinari, ci consente di pensare che per formazione spirituale si intenda anche l'educazione religiosa contro ogni principio di pluralismo.

Siamo contro ogni anticipo arbitrario, che per rispettare l'obiettivo europeo dell'uscita dal circuito formativo a 18 anni, salvando i 5 anni di scuola superiore, precocizza alcuni itinerari: la scuola dell'infanzia a due anni e mezzo snatura il suo percorso e chiede agli operatori nuove competenze di custodia; la prima elementare vedrà la convivenza di bambini che vanno dai 5 anni e mezzo ai sei e mezzo; ma, cosa assai più grave, la scelta tra la formazione professionale e istruzione secondaria verrà ulteriormente anticipata.

Sparisce in questo assetto l'obbligo scolastico a quindici anni (legge dello stato a tutt'oggi non abrogata!) sostituita dal diritto-dovere di 12 anni nel percorso d'istruzione o di formazione professionale.

Scompare anche con la rigida e vecchia suddivisione in scuola elementare e media, l'idea forza di un ciclo unico di base in cui la continuità avrebbe cercato di produrre un migliore esito formativo per tutti i bambini.

Siamo, inoltre, contrari alla previsione di una quota (ancora da definire) di piani di studio (non si parla più di curricoli, ma sono tornati i vecchi programmi) da assegnare alle singole Regioni. Temiamo che invece della scuola dell'autonomia avremo la scuola delle regioni, dei particolarismi, delle appartenenze.

Ed ancora sul tema della formazione professionale è incerto l'orizzonte in cui essa si potrà definire e la sua relazione con il ministero dell'Istruzione essendo materia di competenza regionale. Che valore avranno i relativi titoli di studio?

Quanto all'apprendistato, che viene individuato come uno dei possibili percorsi per la formazione, non è infondato il timore che possa diventare un canale ufficializzato per il lavoro non retribuito.

La legge delega è ancora una volta un contenitore senza contenuti: non si sanno ancora quali saranno i saperi che si vorranno trasmettere alle nuove generazioni.

La recente riforma degli esami di Stato, espletato solo dai docenti interni a tutto vantaggio delle scuole private, ci conferma nel tentativo del governo di privare il titolo di studio di qualsiasi valore legale.

Si profila l'idea di una scuola che non offre uguali possibilità per tutti, che abbassa il livello culturale dei giovani, che disattende al dettato costituzionale.

 

febbraio 2002


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