6
maggio 2000
Un altarino scolastico
per Rodari
Marcello Argilli
A venti anni dalla
sua scomparsa, Gianni Rodari è più noto che effettivamente
conosciuto. Al suo perdurante successo corrisponde, infatti, una sempre
più scarsa conoscenza della parte più indicativa e innovativa
della sua produzione. Anche fra gli insegnanti, Rodari è noto soprattutto
per i brevi testi delle antologie scolastiche, che non sono certo i suoi
più significativi. E i suoi libri più diffusi sono quelli
del secondo periodo, più attenti al divertimento linguistico e per
di più spesso editi a brandelli, sbriciolati per esigenze di mercato.
A volte persino snaturati. Capita così di ritrovarsi tra le mani
Filastrocche
per cantare inconcepibilmente stravolte, con inserito il verso "Forse
c'è Dio nel cielo", mai scritto da Rodari (era ateo, nei suoi libri
non compaiono mai le parole santo, dio, madonna, angeli...). Anche la sua
concezione del libro come un giocattolo - "la fiaba è il luogo di
tutte le ipotesi", "può aiutare il bambino a conoscere il mondo,
gli può dare delle immagini anche per criticarlo" - viene fraintesa.
Ci viene così
restituito una sorta di santino domestico e scolastico che ben poco ha
a che vedere con quello che Rodari ha realmente rappresentato nella letteratura
per l'infanzia, nella scuola e nella cultura italiane. Un santino buono
per tutti gli usi, accettabile da chiunque, anche da genitori e insegnanti
targati Forza Italia, An o Lega (e questo sicuramente lo farebbe inorridire).
Anche per questo le celebrazioni nel ventennale della morte, e un certo
interesse dimostrato dal ministero della pubblica istruzione, dovrebbero
essere un'occasione per rimettere in circolazione nella scuola il suo pensiero
impertinente e critico dell'esistente.
Rodari è
stato e resta uno dei non pochi intellettuali di sinistra che, rivolgendosi
agli insegnanti e ai bambini, con la grazia che gli era propria, ha compiuto
una delle operazioni più gioiosamente rivoluzionarie: la costante
stimolazione del pensiero divergente. Ma la novità della sua poetica
si può capire solo ripercorrendo le sue scelte di artista e uomo
di parte, di impegnato giornalista politico, espressione di una cultura
di sinistra che oggi si tende a rimuovere. Con opere come
Cipollino,
Filastrocche
in cielo e in terra,
Favole al telefono, La torta in cielo,
ha aperto un nuovo orizzonte alla letteratura per l'infanzia, coniugando
poesia e passione civile. Passione civile intesa come "la capacità
di resistenza e rivolta; l'intransigenza nel rifiuto del fariseismo, comunque
mascherato; la volontà di azione e dedizione; il coraggio di 'sognare
in grande'; la coscienza del dovere che abbiamo, come uomini, di cambiare
il mondo in meglio, senza accontentarci dei mediocri cambiamenti di scena
che lasciano tutto com'era prima". Proprio per questa passione la sua opera
fu inizialmente avversata da conservatori e clericali. Erano gli anni '50,
Rodari era il diavolo e non l'arcangelo di oggi e il suo Pioniere
veniva bruciato in piazza. Anche se oggi può sembrare provocatorio,
va ricordato che si poteva essere, come Rodari, comunisti e artisti di
poetica e libera fantasia.
Cardine della
sua concezione pedagogica, espressa soprattutto nella Grammatica della
fantasia, è il ruolo privilegiato assegnato alla fantasia e
alla creatività: ed è grazie soprattutto a lui che questi
due termini hanno acquisito diritto di cittadinanza nella scuola. Oggi
che la sua riforma è finalmente, anche se confusamente, all'ordine
del giorno, vanno ripensati e usati appropriatamente gli apporti pedagogici
e gli strumenti didattici che ha fornito agli insegnanti. Ma questo comporta
di riconsiderare la reale concezione che Rodari aveva della fantasia, in
imprescindibile binomio con la ragione e della creatività come sinonimo
di pensiero divergente. La ragione come strumento per comprendere la realtà;
la fantasia come superamento della realtà data, per prospettarne
un'altra... E' sconsolante constatare che la Grammatica della fantasia
sia praticamente scomparsa dalla scuola, e le sue geniali proposte pedagogiche
ridotte a una neutra e banale apologia della fantasia e della creatività,
usate come un ricettario tecnico. Non si rende omaggio a Rodari sommergendolo
di pagine agiografiche, lo si valorizza portando avanti i suoi discorsi
sulla fiaba moderna, aggiornando le sue tecniche di stimolazione della
creatività dei bambini, sviluppando alcune sue intuizioni sull'interazione
del linguaggio massmediale sulla scrittura, e anche analizzando criticamente
la sua produzione. Per esempio, chiedendoci se e quanto le sue opere risultino
datate. A me pare che lo siano soprattutto le pagine che riguardano i rapporti
tra ragazzi e ragazze. Nella sua opera non c'è protagonismo femminile,
non c'è differenza sessuale. Su questo terreno la letteratura per
ragazzi ha avuto un notevole sviluppo: rapporti genitori/figli, maschi/femmine,
problemi familiari, divorzio, hanno ormai ampia e spesso anticonformistica
cittadinanza. Quello che invece in Rodari resta ancora esemplare e che
invece nei libri per ragazzi oggi si va attenuando, sono le idealità,
i sentimenti di solidarietà sociale, il valore del lavoro, la satira
del potere economico e dell'arroganza dei ricchi.
Sto usando Rodari
politicamente? Forse, ma immagino che a lui non sarebbe dispiaciuto. "E'
difficile fare/ le cose difficili:/ parlare al sordo,/ mostrare la rosa
al cieco./ Bambini, imparate/ a fare le cose difficili:/ dare la mano al
cieco,/ cantare per il sordo, /liberare gli schiavi/ che si credono liberi",
scriveva in una delle sue ultime filastrocche, "Lettera ai bambini". Questo
dovremmo fare anche noi, intellettuali di sinistra, anche a rischio di
romperci un po' la testa. |