6
maggio 2000
«State attenti
ai Pokemon,
fanno sentire onnipotenti»
dal nostro inviato
ANNA MARIA
SERSALE
CASTIGLIONCELLO
(Livorno) - Si è arrampicato sulla ringhiera e si è lanciato.
La mamma caricava la lavatrice e lui si è buttato di sotto.
A quattro anni
ha imitato il Pokemon della tv. Da giovedì sera il piccolo M. è
in coma e lotta con la vita. Per molti bambini il tempo libero è
dominato dalla televisione e dalle play station, che sputano guerre, mostri,
alieni extraterresti, e ora i Pokemon, ultimo mito sbarcato dal Giappone.
Ha spinto il bimbo romano a volare. I Pokemon, mostriciattoli rumorosi
che urlano, saltano, fanno combattimenti: «Anaclet e Scyther si picchiano
con i loro pugni di pietra», scrive Fabio, 11 anni.
«Le fantasie
dei bambini sono alimentate dalla fiction, scambiata
drammaticamente
per realtà», è l'Sos lanciato dagli psicologi riuniti
proprio ieri a Castiglioncello per un convegno sull'infanzia. C'è
il potere persuasivo dell'immagine e la forza dei messaggi che colpiscono
nel profondo. Ci sono la solitudine, gli spazi di vita pensati più
per gli adulti che per i bambini, la poca voglia di parlare e di ascoltare
i pensieri dei piccoli. Queste le accuse.
I bambini raccontano
il loro mondo e le fantasie in cui sono immersi. Ma qual è l'influenza
di un cartoon? Quali le ragioni che hanno reso il Pokemon un personaggio-mito,
al punto da azzuffarsi per gadget e figurine? «Oggi videogiochi e
fumetti sono la principale fonte di stimoli - sostiene Anna Pace, psicologa,
autrice di un'indagine sull'infanzia - Gli effetti? Danno gratificazione
e senso di onnipotenza. Ecco perchè ci vuole la mediazione degli
adulti: i bambini non hanno ancora il senso del limite. E non hanno una
comprensione sufficiente del linguaggio. Il piccolo romano, probabilmente,
si è identificato con il Pokemon trasmesso in tv».
M. ha imitato
il cartoon ed è “volato" dal quarto piano. Enrica, dieci anni, è
tra i 650 bambini presi a campione in una indagine fatta dal Dipartimento
di Psicologia dello sviluppo, alla Sapienza di Roma.
Come tanti altri
racconta storie di Pokemon: «Con la mia macchina viaggio nel cosmo.
Con me c'è Pichaku, il mio Pokemon preferito». Enrica, nel
suo viaggio, angoscioso, vede ingorghi di auto spaziali». E sentite
la «guerra senza pietà» di Jacopo, undici anni:
«Un commando
sbarca in un paesino. Con gli elicotteri butta le bombe, distrugge strade
e palazzi: intorno ci sono sangue e tanti morti». Un altro bambino
sogna di avere un «ufo per amico». Una bimba ha una bambola,
ma cerca una persona con cui parlare.
A Castiglioncello,
al convegno sull'infanzia organizzato dal Coordinamento genitori democratici,
la tragedia del piccolo M. è finita al centro del dibattito. «Certi
modelli possono essere pericolosi per i piccoli», sostiene Paolo
Fabbri, professore di semiologia all'Università di Bologna. E allora
vanno aboliti i Pokemon, la violenza o il sesso? «I bambini sono
in grado di capire le differenze tra realtà e fiction - spiega Fabbri
- ma devono essere aiutati dagli adulti». «Quello del Pokemon
è un messaggio immediatamente decodificabile, ha meno filtri razionali
- afferma lo psicologo Filippo Passalacqua, uno dei relatori della ricerca
condotta dalla Sapienza sul “bambino fantastico" - Il problema non è
demonizzare il mostriciattolo. E', invece, capire quali sono le motivazioni
che spingono un bambino ad appassionarsi tanto. Ecco perchè ci vuole
la mediazione dei genitori e degli insegnanti».
Ma come si può
arrivare al punto da lanciarsi nel vuoto? «Il bambino di Roma può
avere confuso la realtà con la fantasia», conclude Passalacqua
. La fantasia è il regno del possibile e lo dimostra uno dei questionari
della ricerca.
Ecco un campionario
di risposte: si può comunicare con altri mondi (16,6%), viaggiare
da Palermo a Milano in dieci minuti (17,5%), fare a meno dei soldi (10,6%).
I genitori di
M. sono annientati dal dolore. Accanto a loro si stringono i rappresentanti
delle associazioni. «Quella è robaccia - sostiene Angela Nava,
presidente del Cgd, il Coordinamento dei genitori democratici - Faremo
un'alleanza con i cattolici per una grande battaglia sulla qualità
delle trasmissioni: le emittenti non possono lavarsi le mani. Più
di 2 milioni di bambini hanno la tv nella loro cameretta, la usano anche
in orari non “protetti". Senza demonizzare i cartoni, nè i mezzi
di comunicazione, vanno prese delle iniziative a cominciare dalla scuola.
Non basta la lettura e la scrittura: i nuovi saperi devono prevedere il
linguaggio delle immagini. Solo così i bambini avranno difese». |