6
maggio 2000
«Povera
tivù dei bambini»
Aperto il
13º Incontro di Castiglioncello
Moltissimi
i presenti, soprattutto insegnanti ed educatori, che hanno preso parte
anche ai work-shop
CASTIGLIONCELLO.
«Un bambino che sa è un bambino che non crede di poter volare
dalla finestra come un pokemon, è un bambino che ha imparato la
grammatica della fantasia». E' la convinzione di Angela Nava Mambretti,
presidente nazionale del Coordinamento genitori democratici, che ha aperto
ieri al Pasquini la 13ª edizione degli Incontri internazionali di
Castiglioncello.
Quest'anno
si parla del «Bambino fantastico»: tantissimi i presenti, in
particolare educatori ed insegnanti, venuti da tutt'Italia per partecipare
al convegno e ai workshop pomeridiani di approfondimento.
Ieri mattina
i primi interventi, dopo il saluto dell'assessore alla Cultura Nicoletta
Creatini.
Nella giornata
d'apertura non poteva mancare un riferimento al tragico episodio che si
è verificato a Roma, dove un bambino è precipitato da una
finestra di casa mentre guardava in televisione i cartoni animati dei Pokemon.
L'invito dei relatori di Castiglioncello è di guardare alle cause
vere, ossia al disagio che il bambino ha manifestato - se è vero
che la caduta è avvenuta per imitare il suo eroe televisivo e non,
magari, per raccogliere un oggetto. E si è finito per parlare inevitabilmente
di televisione e di rapporto figli-genitori. L'atteggiamento del piccolo
romano è tipico di un bambino lasciato solo - ha detto Angela Nava.
«Invece si possono guardare i Pokemon col proprio figlio, spiegare,
parlare, dare un senso, in modo che capiscano che un omicidio in tv è
diverso dal cadavere di un film giallo».
I bambini
in genere non hanno difficoltà a rendersi conto della differenza,
ha spiegato nella sua relazione Paolo Fabbri, docente di semiologia all'università
di Bologna, a patto che qualche adulto li aiuti. «Le statistiche
affermano che la tv negli Usa mostra 12 omicidi l'ora. Per alcuni studiosi
- ha aggiunto Fabbri - diminuendo il numero dei morti si ridurrebbe l'impatto
negativo sui piccoli telespettatori, ma non è questo il punto: tutto
dipende dal taglio dei programmi. Il bambino è in grado di intuire
le differenze tra i morti del Kosovo mostrati ai telegiornali, quelli uccisi
in un film western o quelli di un cartone animato. E gli adulti devono
sviluppare questa potenzialità insegnando ai piccoli spettatori
a riconoscere i segni di una trasmissione, aiutandoli a decifrarne i contenuti».
Al di là della questione-violenza, comunque, la tv, secondo il docente,
incide al 50 per cento sulla vita immaginaria del bambino e la famiglia
ha un ruolo decisivo nel determinare il tipo di fruizione che del mezzo
hanno i piccoli spettatori, ma un ruolo nel complesso negativo svolgono
i dirigenti televisivi e gli autori dei programmi infantili che, secondo
il docente, lo guardano in maniera «eccessivamente semplificata».
I bambini vengono considerati «o iperattivi o iperpassivi».
(m. m.) |