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INCONTRI
INTERNAZIONALI
DI CASTIGLIONCELLO

sedicesima edizione

alla rassegna stampacomunicati

il bambino irreale

Prosegue a Castiglioncello la XVI edizione del Convengo internazionale che ha ogni anno, come protagonista del dibattito, l'infanzia. Tema di quest'anno: “Il bambino ir-reale”, la rappresentazione illusoria e sfuggente che gli adulti si costruiscono per orientarsi nel labirinto delle complessità che segnano l'attuale condizione delle generazioni più giovani.

L'edizione è curata dal Coordinamento Genitori Democratici (CGD) e dal Comune di Rosignano Marittimo (LI), con il patrocinio della Regione Toscana e dell'EPA – European parents Association.

Nella seconda giornata sono intervenuti, tra gli altri:

Carlo Barone – assegnista di ricerca Università di Milano Bicocca che prende in esame i livelli di successo scolastico che si registrano in Italia al confronto con paesi dell'Ocse. L'obiettivo è dimostrare che il nostro paese sta rapidamente recuperando il ritardo nei tempi dell'istruzione che lo separa dagli altri paesi avanzati, ma che si trova a fronteggiare antiche disuguaglianze, come quelle legate alla classe sociale delle famiglie di appartenenza, e nuove disparità, come quelle associate alla condizione di immigrato. Barone evidenzia che la partecipazione scolastica è cresciuta più rapidamente nel Mezzogiorno, annullando quasi del tutto le differenze geografiche e le disparità di genere si sono capovolte a favore delle donne ed assumono carattere essenzialmente meritocratico. Ancora oggi però, secondo i dati emersi, le origini sociali determinano il futuro scolastico dei ragazzi in particolare al momento della scelta della scuola superiore.

Alessandro Amadori – psicologo della comunicazione, Coesis Research che analizza gli effetti dell'affollamento pubblicitario sui minori: “Per molti osservatori, la pubblicità televisiva, con i connessi processi di persuasione e di induzione al consumo, fa male ai bambini: si impossessa dei loro desideri, automatizza le loro fantasie, li spinge a comportamenti eccessivi e forzati causando la formazione della “shopping generation”. Se per esempio un bambino guardasse per due ore al giorno Italia 1, nella fascia oraria compresa fra le 15.00 e le 18.00, rischierebbe di vedere in un anno addirittura 31.500 spot pubblicitari. Su 15 ore di programmazione quattro sono di pubblicità; la durata media del singolo spot è attorno ai 20 secondi e generalmente sono trasmessi blocchi pubblicitari da 10 spot ciascuno. Queste semplici misure danno contezza dell'effettivo “bombardamento pubblicitario” a cui sono sottoposti i bambini”. Il professor Giuseppe Maggese, presidente della Società di Pediatria, ritiene che oggi vi siano dati certi sul rapporto fra consumo televisivo e sovrappeso: il mangiare disordinato e costante nell'arco della giornata avviene spesso davanti alla tv. Non è difficile collegare le cose e comprendere che vedere centinaia di spot è un forte incentivo verso un consumo non necessario di alimenti. L'esposizione intensiva ai media e alla pubblicità si riflette anche sul condizionamento dei desideri e sulle esigenze di omologazione con i coetanei. “In altre parole – sostiene Amadori – un ragazzino che guarda la televisione per 3 ore al giorno, ha il 6% di probabilità in più di diventare obeso, rispetto ad un suo coetaneo che non guardi la televisione”. Oltre allo specifico problema del sovrappeso, Amadori considera rilevante l'influenza che la tv esercita sullo sviluppo psicosociale dei bambini: una continua esposizione alla pubblicità crea insoddisfazione e li induce a ritenere che la felicità stia tutta nel consumare. “Una campagna pubblicitaria ben costruita può mettere in crisi il rapporto genitore-bambino: il piccolo a cui si dice che una serie di prodotti sono “per lui”, considera “cattivo” l'adulto che non soddisfa le sue “legittime” richieste. Se il messaggio che proviene dai media contrasta apertamente con la volontà dei genitori, questi dovranno fare un lavoro supplementare per convincere i figli a seguire la loro linea educativa”. Dopo aver messo la tv sul banco degli imputati, Amadori conclude che se i bambini guardano troppo la tv è anche perché i genitori dedicano poco tempo ai propri bimbi: i padri italiani giocano appena per 15 minuti al giorno con i figli. La tv è quindi una baby sitter che fa comodo e che rischia di diventare il capro espiatorio di un più ridotto e povero rapporto ludico e comunicativo nell'ambito famigliare tra genitori e figli.

Il Convegno prosegue ancora domani.

6 maggio 2006