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INCONTRI
INTERNAZIONALI
DI CASTIGLIONCELLO

il bambino sconfinato

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Confini senza sbarre o delle finte libertà

Melita Cavallo

La relazione è basata sull'accostamento e sul confronto di due istituti a prima vista molto diversi e distanti tra di loro: la messa alla prova in campo penale, da una parte, e l'adozione internazionale di bambini grandicelli con vissuto di disagio o devianza in campo civile, dall'altra.
La messa alla prova viene in generale contestata dalla collettività come risposta giudiziaria lassista e permissiva, specialmente in presenza di reati gravi: "Come è possibile lasciarlo in libertà dopo quello che ha fatto...?". In realtà l'obbligo di seguire per tre anni un percorso in cui la giornata è scandita da ritmi e stili di vita cui è obbligatorio aderire, pena la ripresa del processo con l'esito incombente di finire dietro le sbarre, è per un ragazzo in crescita una "finta" libertà, una vera e propria pena di non trascurabile peso.

Un analogo "contenitore" dai confini definiti e rigidi può essere ravvisato nella casa linda e ordinata dagli spazi limitati degli aspiranti genitori che, attraverso l'adozione internazionale, accolgono un ragazzino tolto dalla strada dove, malgrado tutto, l'esercizio della libertà era totale ed assoluto e dove comunque c'erano riferimenti affettivi cui si sostituiscovo persone che gli impongono, da un giorno all'altro, un cambiamento profondo nelle abitudini e nello stile di vita e che, pur volendolo aiutare, spesso non lo capiscono.
Non è questa una costrizione in qualche modo assimilabile a quel percorso tracciato nella messa alla prova, tenuto conto che, non infrequentemente, se il ragazzo adottato non aderisce agli schemi verrà fatalmente "restituito"?

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