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INCONTRI
INTERNAZIONALI
DI CASTIGLIONCELLO

il bambino sconfinato

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Rivista del Volontariato      maggio 2002

Né Mozart
né Peter Pan


STEFANO GALIENI

Capita spesso che le riflessioni collettive attorno alle tematiche che riguardano il mondo dell'infanzia e dell'adolescenza siano guidate, o meglio deviate, più dalla necessità o dall'emergenza che dalla seria volontà di acquisire e mettere in discussione strumenti cognitivi.
Sembra quasi che la cronaca nera sia divenuto il solo timone emotivo: accade il fatto cruento e raccapricciante in cui il minore può essere indifferentemente vittima o carnefice ed è come se si aprisse per un attimo uno squarcio di luce su un mondo di soggettività fatte oggetto, ridotte al solo ruolo di possibile consumatore. Ma ad apparire è solo la "normalità" che per un attimo cessa di essere tale, una immagine deformata e mostruosa su cui l'occhio distratto si sofferma per qualche giorno. Poi ripiomba il buio. E ad interessarsi della complessità quotidiana di cui è composto il mondo delle tante ragazze e ragazzi che si confrontano con l'immane fatica di crescere in un mondo difficile, restano categorie specializzate di professionisti, educatori, sociologi, psicologi e la schiera più vasta e indeterminata del popolo dei genitori.

TRAGHETTATORI E DOGANIERI
Il quattordicesimo Incontro internazionale di Castiglioncello, tradizionale appuntamento organizzato dal Coordinamento genitori democratici (Cgd) che si è svolto in maggio con il titolo "Il bambino s/confinato", rappresenta una eccezione. Il Cgd è un'associazione laica a carattere nazionale, nata negli anni Settanta proprio con lo scopo di offrire ai genitori, spesso lasciati da soli nel difficile compito di educare i figli, gli strumenti e le condizioni per intervenire nei processi formativi.
Lo spirito che ormai da tanti anni anima questi appuntamenti è quello di una riflessione concreta, interdisciplinare, in cui le tematiche di attualità si intrecciano con riflessioni di più ampio respiro, con la comunicazione e la circolazione di esperienze dirette nel campo educativo e formativo. Riflessioni che più che servire a risolvere dubbi e interrogativi ne aprono di nuovi. Spingono a porre e a porsi domande che travalicano il mondo delle nuove generazioni e della percezione che da adulti ne abbiamo, per confrontarsi con questioni che mettono in discussione le basi stesse, i sistemi di valori e le modalità relazionali che regolano la vita di tutti, grandi e piccoli.
«Il convegno di quest'anno è forse la somma di te domande accumulate», racconta Angela Nava Mambretti, presidente del Cgd. «Lo abbiamo pensato mentre nel mondo e nel nostro Paese accadevano fatti anche epocali, che modificavano sensibilmente 1a vita comune. IL tanto abusato termine globalizzazione sembrava rivelarsi in maniera sempre più netta, nel bene e nel male, per quello che è nella sua accezione letterale: l'irrompere nelle case di ognuno, in tempo reale, di tutto quello che accade nel resto del pianeta. E ad un mondo che si prometteva senza confini ci è sembrato rispondere con questa idea del "Bambino s/confinato". S/confinato perché attraversa in continuazione vecchie e nuove frontiere, perché cresce in una società che si pone come aperta e in continua incessante e veloce mutazione senza fornire valide coordinate interpretative. Un mondo in cui l'adulto è chiamato di volta in volta e spesso senza averne gli strumenti ad essere "traghettatore" e "doganiere". Ad essere colui che pone regole, definisce e limita percorsi ma deve, o almeno. dovrebbe, saper accompagnare nelle fasi della crescita.

BARRIERE VECCHIE E NUOVE
Una idea tanto apparentemente generica e presuntuosa quanto lucidamente consapevole e precisa. Il convegno ha provato a porre, semplicemente evocandoli, con gli strumenti di analisi critica offerti da relatori di prim'ordine; alcuni fra i confini che l'infanzia di oggi si trova a dover attraversare nel corso del proprio percorso formativo. Barriere antiche che separano, come quelle legate alla maggiore o minore disponibilità di beni non solo materiali, barriere nuove che sorgono insieme al crescere di una società policulturale, ma anche barriere che insorgono nel momento in cui il tessuto sociale, che dovrebbe garantire una crescita serena e pilotata, si dissolve o è messo in crisi da forme diverse di disagio.
E sono stati anche quest'anno in centinaia, soprattutto educatori, che si sono fermati per tre giorni in un tour de force continuo, fatto di relazioni, workshop, tavole rotonde, spettacoli: adulti che hanno provato, con l'aiuto di personalità eminenti del mondo accademico e operatori di strada, narratori e registi a interrogarsi sul presente per ipotizzare un futuro. Nella cornice del castello Pasquini sono riecheggiate voci capaci di narrare quelle contraddizioni che la cronaca non può e non riesce ad osservare.
Un pretesto utile per tracciare ulteriori ipotesi di ricerca.

SOGGETTIVITÀ DA RICONOSCERE
Percorsi complessi e scivolosi che rompono certezze acquisite, inadatte quando ruoli come quello dell'educatore e del genitore non sembrano essere più sufficienti. Ad una percezio
ne omogenea e rassicurante del mondo dell'infanzia e dell'adolescenza, fondata soprattutto sulla rielaborazione del vissuto fatta dagli adulti, è da contrapporre una pluralità di vedute e di problematiche, in cui vecchio e nuovo, conosciuto e sconosciuto si intersecano e si contaminano.
La proposta è quella di ragionare su soggettività in formazione ma che non per questo è meno necessario riconoscere come tali, con le proprie esigenze, i propri diritti e le proprie ri
sorse. Un bambino consumatore vorace di merci. e informazioni ma passivizzato di ,fronte al mondo adulto, reso egli stesso merce fra le merci, costretto ogni giorno a confrontassi con un mondo che manda segnali ambigui e contraddittori. Un bambino a cui si chiede contemporaneamente di essere "Mozart", genio precoce su cui investire e su cui riporre le più assurde e maniacali aspettative, e di restare un eterno "Peter Pan", deresponsabilizzato, privo di autonomia reale di vita, pensiero.
Forse ha ragione chi dice che mai come oggi le immagini che ci facciamo del mondo giovanile esprimono appieno il disagio e i dubbi dell'intera società. Ma insieme al disagio la straordinaria e poco consapevole disponibilità di strumenti di cui. oggi dispone una parte consistente dell'infanzia che ha avuto là fortuna di nascere e crescere nella minoranza agiata del mondo. Una disponibilità di beni e nozioni che accomuna gli inclusi e li separa dagli altri, dai poveri, da chi è nato a latitudini più basse, da chi vive in luoghi anche vicini ancora caratterizzati da una distanza temporale, linguistica, culturale enorme rispetto, alla grande metropoli.
E anche all'interno delle città si fanno i conti con sottili e invalicabili linee di demarcazione, come se di fronte ad uno scenario comune, reso omogeneo dai linguaggi televisivi, dalle stesse merci lanciate dagli. stessi jingles pubblicitari, dagli stessi colori e odori, continuassero a muoversi soggetti costretti in percorsi prestabiliti e diversificati, il cui futuro appare già quasi geneticamente determinato.
Scenario da incubo a cui fa da contraltare l'esplodere spesso confuso e frammentario di forme nuove di rifiuto e ribellione. A forza di omogeneizzare desideri, domande, comportamenti e stili di vita comprimendo, in nome di un modello di sviluppo di cui non si comprende più il senso, ogni forma di individualità reale si è forse provocata una reazione contraria e inaspettata.
Serge Latouche, fra i relatori al convegno, ha spesso sostenuto che il nostro Occidente che cannibalizza ogni altra cultura, ogni altra forma di vita, è diventato incapace di produrre ciò che di più necessario c'è nella vita delle persone, la felicità.

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