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INCONTRI
INTERNAZIONALI
DI CASTIGLIONCELLO

diciassettesima edizione

il bambino selvaggio

alla rassegna stamparassegna stampa



il Tirreno

11 maggio 2008


Bulli in calzoncini corti

Allarme già a 8 anni. Rischio suicidio per molte vittime.

«La lotta al bullismo deve iniziare dalla culla». Ha concluso così il suo intervento Ada Fonzi, professoressa all’Università di Firenze, che ieri mattina ha partecipato al convegno internazionale “Il bambino selvaggio” di Castiglioncello. Fonzi ha spiegato i contenuti dì una sua ricerca, che scava in profondità il problema dei bulli, molto acuto in Italia. Forse più che in ogni altro paese d’Europa. Un solo dato: in Italia c’è un 30 per cento di vittime che dichiara di avere subito prepotenze “qualche volta o più”. Nel Regno Unito il tasso è del 27 per cento, in Olanda del 22, in Portogallo del 21 e in Norvegia del 9. «Ma bisogna essere cauti - dice Fonzi - nel comparare questi numeri: ogni tipo di cultura ha una forte influenza su quali comportamenti cataloga come bullismo».
Ma entriamo dentro ai numeri che Fonzi ha raccolto in uno studio condotto nelle scuole italiane. Il 38 per cento dei bambini tra gli 8 e 11 anni affermano di avere subito episodi di bullismo, mentre il 27 ammette di essere stato un teppista. Le medie si abbassano con il crescere; le vittime scendono al 22 per cento tra gli 11 e 14 anni, i bulli al 19. Tra i 14 e 16 anni si ribalta la situazione; è più alta la percentuale di bullismo dichiarato (17 per cento) rispetto a quello subito (13).
Ma cosa spinge un bambino, un ragazzine a fare del male a un coetaneo? «Ci sono almeno tre motivi: gratificazione sociale, farsi apprezzare nel branco e un vantaggio economico. In questo ultimo caso sì va dalla merenda a dei soldi. Il concetto di bullismo, infatti, può essere tradotto in disequilibrio di potere. Questo fenomeno ha delle caratteristiche salienti: intenzionalità - dunque alla base non c’è mai un comportamento occasionale - persistenza e abuso di potere».
Ma in quale contesto familiare “nascono” i bulli e le vittime? «Nel primo caso c’è da parte dei genitori un’alta dose di permissività e un basso monitoraggio del comportamento del figlio. Oppure, al contrario, un estremo rigore e severità. Altro elemento può essere il basso livello di calore, di affetto: le vittime spesso provengono da genitori iperprotettivi». Le strategie di intervento per combattere questo problema sono limitate dagli stessi bambini. Tra gli 8 e gli 11 anni è il 50 per cento a rivelare il dolore della prepotenza alla maestra e il 60 per cento ai genitori. La comunicazione cala tra gli 11 e 14 anni: solo il 30 per cento lo dice agli insegnanti e il 50 lo rivela in casa.
In chiusura d’intervento, Fonzi ha fornito un’altra analisi, decisamente preoccupante: gli effetti che con il tempo possono produrre nei bulli e nelle vittime. «I bulli persistenti - dice la professoressa - hanno una grossa probabilità di diventare antisociali in adolescenza e poi dei delinquenti. Le vittime, invece, mostrano una tendenza a abbandonare la scuola e a diventare depresse. Inoltre, una grossa fetta di persone che si suicidano è stata oggetto di bullismo in passato»,

Mario Moscadelli

MITI E CARTOON

Mazinga, Ufo Robot, Kiss me Licia. I protagonisti di celebri cartoni animati non sono arrivati in tv per caso. Sono stati gli adulti a fornirli ai bambini. In che modo? La società dei grandi ha prodotto gli eroi dei più piccoli. A spiegarlo, nei convegno di ieri, la sociologa Marina D’Amato. «Negli anni ’70 - dice D’Amato - quando sì raggiunse l’apice con la conquista della luna, gli adulti pensavano a viaggi interstellari, a forme di vita intelligenti fuori dal sistema solare. Ed ecco arrivare Atlas Ufo Robot e Mazinga. Negli anni ’80, forse per rispondere attivamente ai disastri ambientali che annunciano l’implosione del mondo, per i bambini arrivano personaggi che popolavano sottoboschi e fondali marini: Memole, gli Snorkies e i Puffi».