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INCONTRI
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diciassettesima edizione

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il venerd́ di Repubblica
di Repubblica

16 maggio 2008


I «ragazzi selvaggi» che i docenti non capiscono

CARLO CIAVONI

Nelle famiglie italiane serpeggia un «virus» che gli studiosi dei fenomeni giovanili chiamano del «ragazzo selvaggio» . È un modo di dire che allude alla difficile condivisione di valori con gli adolescenti di oggi e che ricorda la vicenda di Victor, il «ragazzo selvaggio » trovato nei boschi dell'Aveyron, in Francia, nell'800. Victor era cresciuto senza avere contatti con altri esseri umani. Tutt'altra cosa dagli adolescenti «selvaggi » di oggi, quella Net Generation che è tutt'uno con console, I-pod, mp3 e comunica molto via Internet, ma poco vis à vis. Rapidi con gli sms, lenti con le biro; catturati dalla tv satellitare che li porta nel mondo.

Insomma, si è detto durante un incontro internazionale su questo tema, organizzato dal Coordinamento genitori democratici, siamo dunque di fronte a giovani isolati, come il «ragazzo selvaggio» che non sapeva rapportarsi agli altri? Molti (troppi) adulti non capiscono. E allora come si supera il gap? Come s'insegna ai docenti ad insegnare meglio? Come farà la scuola a sedurre gli alunni, prima che fuggano dalle aule o, peggio, manifestino patologie? Nel convegno s'è parlato a lungo di linguaggi «altri», di come i docenti insegnano, di valorizzazione dei ragazzi e del ruolo della condivisione di emozioni, visioni e speranze tra generazioni.