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un orizzonte
ancora limitato
è possibile definire standard di apprendimento nazionali per garantire pari opportunità nella scuola pubblica? |
'autonomia
trasformerà profondamente la scuola che finora è stata organizzata
su un modello di tipo esecutivo, caratterizzato dalla dipendenza gerarchica,
con una struttura rigidamente piramidale. L'organizzazione sarà
funzionale al raggiungimento degli obiettivi educativi del progetto d'istituto,
fondata su regole certe, trasparenti e sul principio di responsabilità.
Con l'autonomia si realizza la rinuncia dello Stato centrale alla gestione
diretta dell'intero apparato per divenire struttura di indirizzo e di controllo,
ciò significa che restano di competenza dell'amministrazione centrale
e periferica (MPI e Provveditorati) gli ordinamenti e i programmi scolastici,
l'organizzazione generale dell'istruzione e lo stato giuridico del personale,
mentre le materie relative alla gestione del servizio di istruzione sono
trasferite direttamente alle scuole, attuando pienamente l'art.33 della
Costituzione che, garantendo la libertà d'insegnamento, afferma
l'autonomia del sistema formativo la cui finalità è la realizzazione
del diritto allo studio.
Per realizzare l'autonomia è necessario rimettere al centro il processo di insegnamento/apprendimento, individuare i reali bisogni delle scuole, stabilire quali sono i poteri che possono esercitare autonomamente, entro un chiaro sistema di regole, prevedendo strumenti di verifica e di valutazione. I regolamenti (in base dall'art. 21 comma 2 della legge 59/97 istitutiva dell'autonomia scolastica) non devono quindi prescrivere comportamenti e procedure, ma individuare gli ambiti di iniziativa dell'attività scolastica su cui la scuola ha potere di decidere e i diritti, i doveri e le garanzie dei diversi attori. E perché questo processo di trasformazione si realizzi in maniera efficace e non sia solo un decentramento di funzioni burocratico - amministrative o una totale "deregulation" della scuola, è necessario che con i regolamenti attuativi dell'autonomia si realizzi la riforma dell'amministrazione e la ridefinizione dei ruoli e delle competenze di tutte le componenti; quest'ultimo è uno dei nodi più complessi dell'autonomia, non si tratta infatti solo di ridefinire i poteri o la composizione degli attuali organi collegiali, ma di ridisegnare la rete di relazioni e l'organizzazione del lavoro nella scuola, di definire chiaramente il ruolo dei vari organismi e componenti. Il Cgd ha sempre ritenuto la presenza istituzionalizzata dei genitori nella scuola una precondizione da salvaguardare in qualsiasi ipotesi di riforma degli Organi Collegiali; i genitori, come tali, sono uno dei soggetti della scuola, depositari del diritto/dovere costituzionale dell'educazione dei figli e quindi coprotagonisti - a pieno titolo - del progetto educativo d'istituto. Questo però non significa subordinare l'intero progetto formativo alla scelta dei genitori, intesi come utenti/clienti che si rivolgono alla scuola che più corrisponde ai propri desideri, in una concezione culturale e politica che non ci appartiene, ma fondarlo sui principi costituzionali: una scuola pubblica luogo di formazione civile, culturale e professionale, competente, rigorosa e trasparente. Basata sul protagonismo di tutti i soggetti che, nella distinzione e nel rispetto di competenze e ruoli diversi, concorrono alla definizione di un progetto che accoglie le esigenze, concrete e le peculiarità della comunità territoriale in cui opera quella scuola. È evidente che l'autonomia scolastica, in un quadro di indirizzi nazionali di qualità dell'istruzione e di un servizio nazionale di valutazione a salvaguardia delle esigenze generali, costituisce un elemento essenziale per questa idea di scuola, basata sul protagonismo di tutti i soggetti per realizzare una scuola che tenga conto non di modelli astratti (ì programmi) ma di esigenze concrete; sorretta da un piano finanziario adeguato che scongiuri il rischio di determinare le condizioni in cui fatalmente genitori e alunni saranno discriminati per appartenere a scuole di serie A e di serie B. Ma migliorare la qualità per tutti e con il concorso di tutti significa anche pensare ad una presenza nuova dei genitori nella scuola, abbandonando un ruolo solo rivendicativo per affermare la qualità della loro partecipazione e del loro contributo. Così si costruisce il senso di appartenenza dei genitori alla propria scuola, della scuola al suo territorio e del territorio alla sua scuola, che diviene elemento vitale, nucleo di base dell'associazione che lì in quella scuola, in quel territorio, e non nazionalmente, può essere occasione e strumento di trasmissione di conoscenze, di esperienze, di memoria. Questo significa costruire un'associazione a rete dei genitori, legata al nuovo assetto organizzativo e didattico dell'autonomia delle scuole in cui deve essere riconosciuto il loro diritto all'informazione e alla partecipazione.
Non è infatti indifferente sapere se e quali saranno i curricula nazionali, quali gli organi collegiali e con quali funzioni e poteri, quale struttura, composizione e ruolo avrà il servizio nazionale di valutazione (se ci sarà), quale riforma dell'amministrazione scolastica sarà approntata per garantire il necessario supporto tecnico all'autonomia. Nel merito del regolamento è necessario:
Appare inoltre inaccettabile ciò che si dice al punto 3 dell'art. 4 che sembra prefigurare un consiglio di circolo/istituto (in cui tutte le componenti dovrebbero essere rappresentate) privo di genitori e studenti visto che si dice che il "documento complessivo… che esplicita le scelte educative, didattiche… è approvato …tenendo conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organi rappresentativi dei genitori e degli studenti". Per l'ampliamento dell'offerta formativa, rapporti col territorio e reti di scuole, la questione chiave è sempre la stessa: l'autonomia si esercita all'interno di un quadro normativo di cui sono definite nazionalmente le coordinate fondamentali, gli strumenti di controllo, le regole cui dovranno attenersi tutti i soggetti in un progetto che non può più essere «esecutivo» di quanto deciso centralmente, ma non può nemmeno diventare l'anarchia assoluta. È necessario dunque definire la rete territoriale del sistema pubblico d'istruzione (organizzazione amministrativa, raccordi con gli enti locali, organi collegiali territoriali ecc.); stabilire i finanziamenti perequativi indispensabili perché «l'ampliamento dell'offerta formativa» non si traduca in elemento di differenziazione fra le scuole; non prevedere alcuna possibilità che di fatto precostituisca quel sistema integrato pubblico/privato, inserito nella proposta di legge sulla parità, su cui ribadiamo un giudizio negativo. Insomma è assolutamente indispensabile conoscere se la scuola pubblica manterrà il suo carattere nazionale oppure prevarrà la tesi che sembra avanzare nella bicamerale di un decentramento regionale con un forte impegno degli enti locali sulle scuole. Temiamo che ciò possa comportare un rischio di frantumazione del sistema formativo, aggravando quello che è già oggi l'aspetto più negativo della nostra scuola: l'estrema variabilità degli standard qualitativi, forti differenze dell'offerta formativa tra scuola e scuola, anche nell'obbligo, nessuna garanzia di pari opportunità nella scuola di tutti. Barbara Accetta
Segreteria Nazionale Cgd
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