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Dall'ampliamento del campo di interesse del CGD è discesa anche la consapevolezza che bisogna dare risposta ai bisogni concreti dei genitori non solo come componente della scuola, ma nella loro dimensione individuale.

Le caratteristiche proprie della nostra Associazione mettono in comune ansie e problemi e possono trovare un'Associazione come il CGD, che da un lato non ha mai cessato di fornire tutte le informazioni sulla scuola, Organi Collegiali compresi, e dall'altro si offre come momento associativo di più ampio respiro che fa propria tutta la problematica dell'infanzia e adolescenza dei nostri figli.

Ci si apre adesso uno scenario nuovo, fatto di leggi approvate, di altre ancora in discussione.

Possiamo provare a progettare il nostro ruolo, la nostra propositiva visibilità analizzando i temi di riforma più forti alla luce dei bisogni che si sono espressi in questi anni tra i genitori.
 
 

PARITÀ

Ribadiamo, ancora una volta, la nostra posizione relativamente alla proposta di legge sulla parità che è in discussione. Se la proposta sulla parità vuole definire un nuovo e diverso rapporto tra pubblico e privato nel settore educativo, ciò non potrà prescindere da un sistema di garanzie ben precise per la concreta realizzazione delle libertà di insegnamento, di apprendimento, di coscienza, di accesso.

La scuola pubblica (statale e comunale) per sua natura e finalità assicura alle nuove generazioni il diritto di poter costruire la propria identità personale attraverso il confronto e il dialogo tra orientamenti ideali e culturali diversi.

Un sistema scolastico non deve rafforzare e perpetuare le separatezze e le differenze fra idee, convinzioni, culture, modi di sentire differenti.

La questione della parità non implica necessariamente eguaglianza tra le scuole pubbliche e quelle private e quindi il finanziamento dello Stato. L'articolo 33 della Costituzione è chiarissimo nello stabilire che le scuole private non devono comportare oneri per lo Stato.
 
 

AUTONOMIA

La legge delega per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa, noto come legge Bassanini, è stato approvato nel gennaio 1997. I regolamenti riguardanti la scuola sono del marzo 1998. Questo anno scolastico è pertanto quello di sperimentazione dell'autonomia scolastica.

Per anni il dibattito sull'autonomia era rimasto prigioniero di equivoci poiché l'idea di autonomia era usata per introdurre elementi di disimpegno dell'intervento pubblico sulla scuola provocando interventi privati a favore di alcune scuole che per collocazione geografica o per indirizzo educativo e/o ideologico risultavano interessanti per le imprese e lasciando conseguentemente le altre scuole in stato di povertà economica con la risultante impossibilità di proporre un'offerta formativa qualificata. Ciò avrebbe favorito processi di privatizzazione e avrebbe reso lo studente e la sua famiglia clienti più o meno capaci di orientarsi nel mercato a seconda del loro background culturale.

Oggi è comunque necessario, anche per contrastare rinnovati rischi di privatizzazione e di anarchia, ricercare le ragioni profonde, culturali, politiche dell'autonomia scolastica. L'autonomia è strettamente connessa ai principi costituzionali espressi negli art. 33 e 34 della Costituzione che sanciscono dei diritti: diritto allo studio, diritto a una formazione di qualità, diritto di pari opportunità per tutti i ragazzi e le ragazze senza distinzione di razza, etnia, religione, stato sociale, libertà di insegnamento. La scuola non è del Ministero (come per troppi anni è stato), degli apparati burocratici o dei governi centrali o periferici.

L'autonomia scolastica si colloca, correttamente, all'interno del "sistema delle autonomie": un sistema articolato ed ordinato di relazioni, poteri, responsabilità. Inoltre l'autonomia deve fornire una risposta all'esigenza sentita di migliorare la qualità del sistema scolastico: dal momento in cui l'autonomia sia riconosciuta, le scuole potranno organizzare meglio le loro attività, migliorando al tempo stesso i loro metodi ed i loro risultati. L'autonomia non dovrà significare libertà di autodeterminazione, ma trasferimento di responsabilità al fine del raggiungimento di obiettivi nazionali, regionali, della singola unità scolastica collegata all'obbligo di rendere conto alle famiglie, al governo, alla comunità nel suo complesso dei risultati che l'unità scolastica consegue.

L'autonomia non può prescindere sia da un sistema nazionale di riferimento che garantisca standard qualitativi uniformi su tutto il territorio nazionale e in tutte le aree sociali del paese, che da un sistema di valutazione nazionale con il compito di misurare e garantire l'efficienza delle strutture scolastiche (anche in termini organizzativi) e l'efficacia delle proposte educative (anche in termini di conseguimento dei risultati).

"Con l'attribuzione dell'autonomia organizzativa e finanziaria alle scuole, dovrebbe aumentare la partecipazione delle famiglie, e gli insegnanti e gli amministratori dovrebbero essere incentivati ad accrescere la qualità sia migliorando le pratiche didattiche sia usando le risorse in modo più produttivo". (dal rapporto dell'O.C.S.E. 1998). E' impegno del C.G.D. mettere in atto tutte le iniziative per far sì che l'avvento dell'autonomia potenzi la qualità della partecipazione di tutti i soggetti che possono essere protagonisti della scuola. Poiché l'associazionismo dei genitori troverà nuovi importanti spazi di crescita dobbiamo cominciare ad organizzare a rete i C.G.D. locali. La possibile crescita di conflittualità tra genitori, insieme utenti di un servizio pubblico e coprotagonisti di un percorso formativo, e la struttura scuola entro cui i lavoratori docenti e non docenti potranno gestire in loco l'organizzazione di lavoro (orari, settimana corta, ecc.) deve vedere il C.G.D. impegnato a difendere le soluzioni organizzative che garantiscano il superiore interesse dei minori dentro e fuori la scuola, soprattutto in quelle aree con forte emarginazione socio - culturale; mentre chiediamo che il Ministero della P.I. indichi un referente "istituzionale" dentro la scuola con cui confrontarsi su linee generali di comportamento quando emergono le questioni di conflitto.

Questo l'impianto teorico. Si sollevano subito per i genitori una serie di problemi. Come partecipare al governo della scuola dell'autonomia, quando i limiti della partecipazione sono ancora legati al vecchio ordinamento degli Organi Collegiali? Come partecipare alla crescita di una cultura dell'autonomia quando i regolamenti attuativi della stessa, forzando la legge che parlava di tutte le componenti scolastiche, prevedono la formazione di nuclei territoriali che assistano le nascenti autonomie operanti presso i singoli Provveditorati fatti solo da "operatori" (IRRSAE, BPD, Cede, etc), ma senza la presenza di alcuna associazione dei genitori?

Inoltre l'autonomia porta con sé il problema del dimensionamento delle scuole: sotto certi standard numerici una scuola non può avere personalità giuridica. Se è indifendibile l'idea di uno Stato assistenziale e spendaccione, non ci si può non preoccupare dell'applicazione di criteri esclusivamente numerici nella razionalizzazione delle scuole, è comunque necessario salvaguardare l'identità dei plessi anche quando questi vengono accorpati o fusi: la decisione ora passa agli Enti locali, il parere dei distretti, dei genitori, dei protagonisti del processo educativo non è vincolante. Si rischia di veder realizzare scelte ispirate solo a principi amministrativi senza tenere conto dell'interesse generale, quello dei bambini e delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze che hanno diritto ad una scuola pubblica (a tutte le scuole pubbliche) di qualità.

Ci sembra che connesso strettamente al tema dell'autonomia sia l'applicazione rigorosa di un criterio di trasparenza verso l'esterno. Il miglioramento della scuola e la trasparenza verso l'esterno potrebbero basarsi su questi 5 punti:

      1. un sistema di valutazione nazionale che fissi gli standard nazionali cioè i livelli di apprendimento, le abilità, i saperi minimi e gli obiettivi formativi per ogni ciclo scolastico. La valutazione dovrebbe tendere a misurare l'efficacia delle scuole come organizzazioni, non l'efficienza dei singoli insegnanti.
      2. l'autonomia per le scuole di progettare in maniera flessibile i programmi per migliorare il rendimento degli studenti.
      3. l'assistenza tecnica fornita dagli uffici provinciali del Ministero alle scuole che hanno prestazioni non soddisfacenti.
      4. l'istituzione di una "Authority" esterna con il compito di dirimere i conflitti in termini sostanziali (di merito) e non formali
      5. corsi di formazione permanenti e ricorrenti per dirigenti, insegnanti, genitori e non docenti.
Solo così è possibile operare per una scuola che, mantenendo il carattere nazionale, sia aperta e interagente con il territorio, adatta ai giovani e alle giovani, rispondente ai bisogni formativi, più qualificata per realizzare il successo formativo, superando anche nel campo dell'associazionismo dei genitori una visione troppo legata al particolare.
 
 

HANDICAP

L'autonomia scolastica dovrebbe essere intesa anche come apertura verso il territorio e integrazione con le sue risorse. Si pensa a questa soprattutto per i bambini portatori di handicap che hanno necessità di programmazioni individualizzate non necessariamente legate agli apprendimenti scolastici.

Si richiedono:

Apparentemente diversi i tre temi sono strettamente intrecciati : non ha senso parlare di diritto allo studio compiuto se non si mettono in atto tutte le strategie, tra cui anche il sostegno alle famiglie degli anni che frequentano la scuola pubblica, per combattere ogni forma d'abbandono scolastico, di insuccesso, più evidente in alcune scuole del Sud e nella scuola dell'obbligo, motivato sia da ragioni economiche che culturali; essendo tutti noi convinti che solo la scuola pubblica può essere il luogo, non solo simbolico, in cui si educhi alla cittadinanza, in cui si attenuano le disuguaglianze e si valorizzino tutte le differenze e diversità.

Vogliamo sottolineare che la garanzia del Diritto allo Studio si persegue anche attraverso strategie di sostegno e formazione di genitori.

Ci piace l'idea di impegnarci per il successo e non di combattere il suo opposto, ma chiediamo maggiore chiarezza, anche lessicale.

Da due anni , eliminati i vecchi esami di riparazione, i nostri ragazzi delle superiori vedono l'attribuzione di una promozione con qualche riserva, con dei debiti appunto. L'idea di debito porta con sé di necessità l'idea di qualche credito (elemento di un certo rilievo se parliamo di una futura scuola orientante e con percorsi flessibili) e comunque richiede chiarezza riguardo i tempi, i modi dell'estinzione del debito stesso, nonché rigorose indicazioni riguardo la valutazione dei crediti scolastici, ma soprattutto dei crediti formativi.

Una diffusa carenza di comunicazione efficace e quindi di trasparenza, consente ai più dei nostri debitori di non sapere fino ad anno scolastico iniziato cosa fare: assumersi da soli l'onere del debito, sperare in un aiuto della scuola a recuperare.... Va da sé che il tema trascini l'annosa questione dei corsi di recupero : inutili, dispendiosi, troppo brevi o troppo poco individualizzati. Essi vanno pensati dentro una strategia complessiva di recupero dell'istituzione scolastica, strategia legata anche al numero di alunni per classe nonché alla presenza di allievi con particolari bisogni educativi. Crediamo sia nostro compito essere più incisivi rispetto a questo tema: chiedere una maggiore e tempestiva informazione rispetto ai "debiti", collaborare alla crescita di una cultura del successo scolastico per tutti.

L'innalzamento dell'obbligo, non può che vederci solidali, anche se un solo anno ci sembra riduttivo non solo rispetto agli standard europei, ma rispetto ad una richiesta diffusa ed annosa; ribadiamo che l'obbligo a 18 anni resta per noi un obiettivo irrinunciabile, da raggiungere quanto prima nella scuola riformata. Chiediamo che sia fortemente ribadita l'esigenza del suo espletamento nella scuola pubblica riformata senza tentazioni di adempimento nella formazione professionale.
 
 

RIORDINO CICLI

La discussione della proposta di legge è stata oggetto di attenta riflessione da parte del C.G.D. Qui intendiamo ribadire solo due elementi che sono oggetto di preoccupazione tra i genitori e cioè l'estensione dell'obbligo all'ultimo anno della scuola dell'infanzia ed il primo anno della nuova scuola superiore.

Mentre ribadiamo l'apprezzamento per l'estensione dell'obbligo all'ultimo anno di scuola dell'infanzia come offerta generalizzata a tutti i bambini e le bambine di un momento di socializzazione attraverso il gioco, non possiamo non riflettere sul fatto che il settore pre scolastico è uno di quelli in cui il ruolo dello stato è di gran lunga il meno importante .Al giorno d'oggi il 42,5% dei bambini in età prescolastica frequentano istituzioni non statali, di cui il 14% frequentano le scuole comunali, il 28% le scuole private ( 19% le scuole religiose e il 9% le scuole non confessionali). In queste condizioni riteniamo indispensabile che sia garantita la generalizzazione delle scuole pubbliche dell'infanzia statali e comunali e sia esercitato un serio controllo su tutte le scuole pubbliche e private per assicurare una qualità uguale e una certa omogeneità a tutto il sistema: condizioni di insegnamento, qualifiche degli insegnanti etc.

Siamo inoltre preoccupati per l'anticipazione della scuola secondaria e quindi per una scelta precoce dei nostri ragazzi e per questo chiediamo che nei primi anni della nuova secondaria (ciclo dell'orientamento) sia garantita una forte presenza di area comune, accanto ad aree orientanti (cioè di indirizzo) progressivamente più ampie nell'evolversi del triennio. Possiamo provare a progettare il nostro ruolo, la nostra propositiva visibilità analizzando i temi di riforma più forti alla luce dei bisogni che si sono espressi in questi anni tra i genitori.
 
 

ORGANI COLLEGIALI

I genitori del C.G.D. sanno bene come sia difficile proporsi in prima persona o stimolare la partecipazione di altri genitori nelle istituzioni scolastiche: demotivazione, stanchezza, senso di inutilità si sono sostituiti all'entusiasmo con cui gli Organi Collegiali vennero accolti come strumento di democrazia e di gestione sociale della scuola.

Nel tempo essi si sono definiti come organismi senza un ruolo reale, legittimati solo dal formalismo giuridico e privi di effetti concreti.

Si deve riconoscere come, anche grazie ad essi, si è diffusa in questi anni una cultura della scuola tra i genitori ben diversa dal tempo in cui questi ultimi non potevano varcarne la soglia. Non si è perciò disponibili a rinunciare a quegli spazi che gli OO.CC. hanno aperto a cominciare dal riconoscere la presenza istituzionalizzata dei genitori nella scuola. Soprattutto è cresciuta in questi anni la comune consapevolezza che i genitori sono risorsa della scuola, risorsa da investire e non da tenere ai margini.

Questi anni di esperienza negli Organi Collegiali e i pericoli dell'autonomia mal intesa (particolarismo e localismo) ci inducono ad affermare che oggi occorre ancora di più nel territorio un Organismo a supporto dell'autonomia per superare l'autorefenzialità della scuola e il possibile municipalismo dell'Ente Locale.

Questo organismo, opportunamente ridisegnato all'interno dei nuovi scenari di riforma dell'Amministrazione Scolastica, dovrà essere democraticamente eletto, dove siano rappresentate le componenti dirigenti, docenti, genitori, studenti, non docenti, che promuove e realizza la Continuità Educativa, verticale e orizzontale, e che riconduce a sintesi l'offerta formativa del territorio.

In questo organismo l'interesse dei genitori verso la formazione potrà esplicarsi al massimo e in maniera qualificata perché lì essi potranno essere agenti della perequazione tra scuole, della loro qualificazione complessiva, della contrattazione tra scuole ed Enti Locali per definire obiettivi di continuità e di allargamento dell'offerta formativa nel territorio.

Il CGD rileva però che nel Testo Unificato ristretto della XII Commissione della Camera del 1° Gennaio 1998 la rappresentanza dei genitori negli Organi Collegiali interni risulta ulteriormente compressa in quanto tutto è delegato al regolamento interno redatto dal Consiglio dell'Istituzione (art. 3 F comma 2), all'interno del quale il numero dei genitori non è definito (art. 5 comma 3) ma è paritetico a quello dei docenti nella scuola dell'obbligo; mentre nella scuola superiore non è chiaro cosa è paritetico alla componente docente, se il numero dei genitori e anche quello degli studenti o la loro somma. Non è definita neanche la rappresentanza dei non docenti (art. 5 comma 2-3). Il diritto di assemblea dei genitori (art. 8 comma 3) è definito dal regolamento interno, mentre quello degli studenti della scuola superiore è già previsto dalla norma all'interno della Conferenza annuale d'Istituto per la programmazione e la verifica dell'attività didattica (art. 8 comma 4).

Pertanto il CGD chiede che la rappresentanza dei genitori sia ulteriormente definita e rafforzata.

L'importante sarà anche che in questo processo di ridefinizione del sistema scolastico e della sua organizzazione, venga assunto il principio che per tutte le componenti scolastiche, dirigenti, studenti, insegnanti, genitori, non docenti: partecipare non basta più! Occorre andare oltre la semplice cultura della partecipazione, verso la cultura della cittadinanza: i dirigenti scolastici, i genitori, gli insegnanti, gli studenti, i non docenti finalmente nella scuola con diritti, doveri, responsabilità.

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