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Lodi 30 novembre - 1 dicembre 2002

Tesi 1
La scuola e i processi di riforma in corso

Molte volte in questi ultimi anni ci siamo espressi sul processo di riforma che la scuola italiana aveva intrapreso, condividendone alcuni aspetti: autonomia, flessibilità, centralità dell'alunno che apprende, ciclo di base unitario, estensione dell'obbligo scolastico, obbligo formativo a 18 anni.

Avendo sempre ben chiaro lo sfondo di riferimento in cui c'identifichiamo: difesa e valorizzazione della scuola pubblica perché l'unica che può rispondere al dettato costituzionale. L'unica che può garantire pari opportunità di formazione per tutti i bambini, pluralismo nel processo formativo, diritto di cittadinanza.

L'attuale legislatura ha stravolto l'impianto di riforma della legge 30 sul riordino dei cicli non solo riproponendo l'ordinamento di scuola di base che già c'era, ma modificando in profondità gli obiettivi, lo sfondo culturale e sociale della scuola pubblica italiana ed azzerando con la legge delega il confronto democratico (e quindi parlamentare) sulla scuola.

E' necessario quindi, comprendere con pienezza quale modello di società sia sotteso alle proposte di riforma oggi avanzate anche per non disperderci in un antagonismo che sia solo rivolto agli aspetti ordinamentali.

La peculiare natura collettiva, oltre che individuale, della istituzione scolastica non può che portarci a considerare le risorse dedicate a questa istituzione come investimenti a medio e lungo termine che saranno determinanti non solo per un futuro sviluppo economico ma anche per una maggiore armonia sociale ed una migliore qualità della vita. Per questa ragione riteniamo ingiustificati i tagli delle risorse relativi ai sostegni per i disabili, all'inserimento degli extracomunitari e a tutte le altre situazioni di disagio, e riteniamo fuorviante correlare in modo banale le risorse alla " produttività".

 

a) Educazione permanente e obbligo formativo.

Una delle esigenze universalmente riconosciute sia nelle leggi approvate nella precedente legislatura che in quelle attualmente in itinere è costituita dalla consapevolezza della necessità di un maggiore bagaglio conoscitivo per affrontare la complessità della società moderna e del mondo futuro.

Le risposte legislative adottate nella precedente legislatura concernono l'innalzamento della scuola dell'obbligo dal sesto al quindicesimo anno di età e dell'obbligo formativo al diciottesimo anno.

Il CGD rimane dell'idea che debba essere garantita ad ogni ragazzo la scuola dell'obbligo fino al sedicesimo anno di età.

Il disegno di legge approvato al senato in questa legislatura riformula l'obbligo scolastico in termini di diritto-dovere legislativamente sanzionato offrendo a tutti un periodo di dodici anni in cui tale diritto viene garantito.

La definizione di formazione permanente o apprendimento in tutto l'arco della vita, più che rispondere alla necessità di accompagnare costantemente il processo di apprendimento allo svolgimento della attività lavorativa, di fatto assume il significato di riqualifica di soggetti espulsi dal mercato del lavoro o di inserimento sociale di individui al termine della attività lavorativa.

Il CGD ritiene indispensabile per lo sviluppo sociale ed economico nel ventunesimo secolo ricollocare l'apprendimento e la cultura al centro dell'interesse e dell'attenzione della società moderna ritenendo che il binomio cultura-lavoro debba essere coniugato anche e soprattutto oltre la scuola dell'obbligo consapevoli del forte valore formativo insito nella applicazione pratica delle nozioni acquisite (saper fare) ma altresì consci della necessità di una forte preparazione per lo svolgimento di una attività lavorativa che possa corrispondere ad una elevata professionalità e ad una effettiva valorizzazione della persona umana.

 

b) Scuola e famiglia

E' utile partire dal ripensamento teorico (ed associativo) rispetto a questo nodo. L'attuale maggioranza fa grande uso del termine famiglia, ora in modo populistico, ora nel segno di un familismo competitivo. Senza dubbio la libertà di scelta della famiglia sembra il cardine su cui modellare la scuola; basandosi, infatti, sulla concezione della priorità educativa della famiglia, essa viene posta come società naturale che viene prima ed è al di sopra sia dell'affermazione dell'individuo, da una parte, che dell'affermazione dello Stato, dall'altra.

Il figlio è proprietà dei genitori che hanno quindi il diritto di scegliere il tipo di educazione ed istruzione più simile ai loro desideri. Quasi scontato quindi il passaggio dal genitore cittadino al genitore cliente, che col suo livello di soddisfazione determina il successo dell'istituzione scolastica.

Possono leggersi in questo senso anche le proposte di riforma degli Organi Collegiali, in cui il genitore perde il ruolo di presidente del Consiglio dell'Istituzione, per ottenere quello di "garante dell'utenza".

Anche il Piano Personale di Formazione, in questa situazione, appare una mistificazione, un esercizio retorico che vuole dare alle famiglie la illusione del coinvolgimento e della condivisione nel rapporto con i docenti sul percorso formativo del figlio. Ciò che accade in realtà è:

Nell'ottica della concorrente sinergia delle diverse realtà politiche economiche e sociali alla formazione delle generazioni future ed al processo di autoformazione (educazione permanete) e nell'ambito dello sviluppo della autonomia scolastica anche in relazione delle varie realtà territoriali, il CGD ritiene che la componente dei genitori, fatte salve le specifiche competenze professionali degli operatori scolastici, debba essere notevolmente presente all'interno della scuola non tanto come rappresentanti e garanti dell'utenza ma come corresponsabili della attività formativa che viene effettuata al suo interno.

Questa presenza, che non tende a sostituire il ruolo della singola famiglia nella definizione del percorso formativo individuale, rappresenta il modo più naturale per il raccordo sociale e culturale della istituzione scolastica con la realtà locale e con gli Enti Locali territoriali, attraverso una valorizzazione delle identità specifiche, e allo stesso tempo permette l'emancipazione delle singole espressioni territoriali attraverso il confronto con una istituzione di tipo nazionale.

Il coinvolgimento delle componente dei genitori insieme al corpo docente ed agli studenti nella definizione del piano dell'offerta formativa, anche in relazione alla parte del curriculum scolastico non definita a livello nazionale, costituisce una risorsa fondamentale per una buona riuscita delle diverse iniziative scolastiche e culturali promosse dall'istituzione.

La presenza strutturata della componente dei genitori all'interno della scuola, intesa non soltanto come luogo di affrancamento dell'individuo dall'ignoranza e dall'analfabetismo, ma come luogo di trasmissione delle conoscenze e di promozione culturale sia per gli adolescenti e per i giovani, come è tradizionalmente avvenuto nei secoli scorsi sia per i meno giovani (formazione continua), può costituire uno strumento di straordinario aiuto anche alla famiglia che, in mancanza di modelli di riferimento (anche perché costituita sempre più spesso in forma atipica) si trova sempre più sola ed impreparata ad affrontare le sfide della attuale società.

 

c) L'equivoco del "doppio canale".

Uno dei punti più controversi del disegno di legge denominato 'riforma Moratti' è costituito dalla presenza del doppio canale formativo, in realtà la presenza della scuola professionale e dell'apprendistato è presente anche nella legge attualmente in vigore e approvata dalla precedente legislatura, l'unica grossa differenza consiste nel fatto che la scelta della formazione professionale veniva effettuata a 15 anni ( Riforma dell'Ulivo) mentre nel testo approvato al Senato viene anticipata alla fine del primo ciclo della scuola secondaria che dovrebbe concludersi a 13 anni e mezzo.

Una flessibilità all'interno del sistema educativo di istruzione e formazione consiste nella puntuale definizione della struttura dei curricula per i licei e per la formazione professionale.

Il CGD contesta l'impostazione governativa del doppio canale e ritiene che si debba iniziare la formazione professionale solo dopo il 16° (sedicesimo) anno di vita.

Inoltre la proposta deve prevedere meccanismi chiari di riconoscimento dei crediti formativi nel passaggio dall'uno all'altro canale.

 

d) Il federalismo.

La maggioranza governativa sta procedendo a marce forzate per far approvare il programma di governo tralasciando costantemente un esame approfondito delle conseguenze delle loro azioni e sottraendosi costantemente al confronto democratico parlamentare attraverso escamotages procedurali.

Non sono stati ancora definiti i procedimenti per l'attuazione dei decentramenti amministrativi e delle modifiche del Titolo V della Costituzione (approvate dal referendum popolare) che un nuovo disegno di legge, attualmente in discussione al Senato, si prepara a sconvolgere la situazione attuale.

La scuola, insieme alla sanità ed all'ordine pubblico è al centro di questo ciclone devastante che si preannuncia portatore di danni forse irreparabili.

Il nostro trentennale impegno di Genitori Democratici per una scuola più moderna e più preparata ci deve vedere vigili ed attenti a non retrocedere dai livelli di civiltà, di conquiste sociali e culturali su cui siamo attualmente attestati.

Una scuola regionale sarebbe inevitabilmente un fattore di disgregazione e di regresso anche per quelle regioni che pensano alla secessione ritenendo erroneamente di essere in grado di fare da sole e dimenticando che il loro sviluppo è dovuto anche al lavoro di cittadini del sud e, oggi, anche di altri Paesi (i ns. nuovi concittadini).

Il recupero delle tradizioni locali e lo sviluppo di particolari vocazioni legate al territorio debbono costituire un elemento di arricchimento della cultura nazionale ed europea e non un elemento di settorializzazione e di chiusura culturale.

La Scuola deve essere sempre più aperta all'influenza e all'arricchimento che possono venire da culture diverse.

 

e) Il buono-scuola.

Il buono-scuola è l'invenzione dei liberisti nostrani per finanziare la scuola privata e aggirare il dettato costituzionale.

Le regioni di centrodestra hanno quindi promulgato leggi sul bonus con un dispositivo che vede beneficiare soprattutto le famiglie degli alunni delle scuole non statali. Si introduce così il principio di competizione nel sistema pubblico-privato, con lo scopo d'inserire la scuola in una logica di libero mercato. L'attuale buono-scuola non è altro che il grimaldello per arrivare ad un vero e proprio voucher, un assegno alle famiglie, corrispondente alla cifra occorrente per ogni studente, a seconda del ciclo di studi frequentato.

tale meccanismo, a detta dei suoi sostenitori, dovrebbe favorire la libera scelta delle famiglie in merito all'istruzione ed alla formazione dei propri figli. E' facile comprendere la demagogia di una simile tesi, in quanto se il mercato regolamenterà il nostro sistema formativo, saranno i più abbienti a scegliere le eventuali scuole migliori perché è questa la prima regola del libero mercato, senza contare che i gestori delle scuole non statali non faticheranno a trovare il sistema per evitare l'obbligo di accettare gli alunni da qualunque famiglia, ceto, etnia o credo religioso essi provengano.

La liberalizzazione del nostro sistema scolastico finirà per renderlo a totale carico degli utenti, determinando l'assoluto predominio del privato sul pubblico e favorendo il ritorno al vecchio modello della scuola di avviamento quale conseguenza immediata della scelta precoce e discriminante tra liceo e formazione professionale, prevista dal disegno restauratore del governo Berlusconi.

Il CGD ritiene, invece, che le regioni debbano attuare interventi legislativi che favoriscano la piena attuazione del diritto allo studio, nel pieno rispetto del dettato costituzionale, garantendo pari diritti a tutti i cittadini indipendentemente dalla appartenenza regionale.

 

f) Anticipo

Buona parte della discussione e della diffusione mediatica sulla riforma Moratti è stata fagocitata dal tema dell'anticipo, a discrezione delle famiglie, nella frequenza sia della scuola d'infanzia (2 anni e mezzo), sia della scuola elementare (5 anni e pochi mesi).

Battersi contro l'anticipo perché pedagogicamente insensato, ha scarsa rilevanza e poca possibilità di "successo", se non capiamo bene cosa vuol dire anticipare o rispetto cosa si anticipa. L'anticipo introduce l'idea di un vantaggio rispetto ad altri, l'idea di competizione, di concorrenza, finora ignote alla scuola, che privilegiava altri valori quali la solidarietà ed il rispetto.

Inoltre questa politica svilisce il ruolo del nido, riducendolo a semplice luogo di custodia.

Questa modifica avrebbe senso soltanto in un nuovo contesto organizzativo della struttura scolastica e con una maggiore dotazione di personale e di risorse e all'interno di un processo di collaborazione effettiva con le famiglie.

Noi preferiamo pensare ad un percorso di qualità della scuola dai 0 ai 6 anni in cui insieme, genitori ed insegnanti possano scegliere, nel rispetto dei tempi del bambino.

Si anticipa anche la scelta di vita dei nostri figli alla fine della terza media tra formazione professionale, apprendistato, ed istruzione superiore in una divaricazione sociale che avevamo dimenticato dagli anni '60 con l'istituzione della scuola media unica. E si spaccia questa soluzione come il rimedio all'abbandono scolastico di molti, troppi ragazzi ancora.

 

g) La riduzione dei tempi scolastici e il voto in condotta.

A proposito di tempi il CGD grave la riduzione che si profila dei tempi della scuola e delle risorse ad essa destinate.

Meno ore di insegnamento obbligatorie, meno insegnanti: più opzioni formative che, chi può, sceglierà fuori dalla scuola, per non perdere tempo appunto.

A corollario di quest'idea di scuola, selettiva, competitiva, in cui ai più si garantisce un servizio minimo viene ribadita l'idea del voto in condotta, che non possiamo non leggere in questa logica e cioé come un ulteriore strumento di selezione verso chi col suo "comportamento" fa perdere tempo. Il voto in condotta introduce una concezione repressiva dell'atto educativo.

Non accettiamo questa impostazione che contraddice e vanifica i progetti tendenti alla prevenzione del disagio (meglio: promozione dell'agio) e del fenomeno della dispersione scolastica.

 

h) Forum Nazionale delle Associazioni dei Genitori della Scuola (Fo.Na.G.S.).

Il CGD intende continuare a partecipare al Forum Nazionale delle Associazioni Genitori della Scuola, istituito con D.M. 18\02\02.

Tuttavia non attribuisce a questo tavolo di consultazione una grande valenza democratica e si opporrà sempre a chi tentasse di trasformare il Forum nello strumento sostitutivo di quella che riteniamo essere la vera strada della democrazia rappresentativa a scuola: gli Organi Collegiali.

 

i) Gli Organi Collegiali della Istituzione Scolastica.

In merito alla proposta governativa di riforma degli organi collegiali scolastici, il CGD esprime le seguenti considerazioni.

 

j) Organi Collegiali territoriali.

Dobbiamo costruire nelle scuole un movimento antagonista all'attuale proposta governativa che sposta sull'asse della dirigenza la gestione delle scuole.

La scuola dell'autonomia non può non essere scuola del territorio e quindi dei cittadini, non è scuola del management senza abdicare completamente alla sua funzione (vedere la proposta governativa di riforma degli organi collegiali).

Il CGD ritiene ancora indispensabile l'esistenza di organi collegiali che abbiano compiti di programmazione territoriale e di supporto alle istituzioni scolastiche autonome. Tale organismo, sia pur ridotto nel numero dei suoi componenti, dovrebbe comunque prevedere una paritetica rappresentanza degli operatori scolastici, degli studenti e dei genitori. Il nuovo distretto deve innanzitutto garantire il necessario raccordo tra scuola, formazione, enti locali, regione, forze sociali e associazioni che interagiscono sul territorio di propria competenza.

L'organo collegiale territoriale dovrebbe avere alcune competenze essenziali quali:

Si potrebbe inoltre prevedere l'istituzione di nuovi organi collegiali a livello provinciale e regionale, con compiti di raccordo, di supporto e consulenza nei confronti dell'amministrazione scolastica, delle regioni e degli enti locali. Anche questi organismi, sia pure ridotti nel numero dei loro componenti, dovrebbero comunque prevedere una paritetica rappresentanza di operatori scolastici, studenti e genitori.

Gli organi collegiali territoriali, sia a livello regionale che locale, devono disporre del supporto tecnico-amministrativo necessario all'espletamento delle loro funzioni.

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