INCONTRI
INTERNAZIONALI DI CASTIGLIONCELLO sedicesima edizione
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Vincenzo Brogi, dirigente del Comune di Rosignano Marittimo Mappe? Bussole? Stella polare? Come orientarsi nel territorio del Bambino ir-reale? La relazione tra bambino ir-reale e servizi educativi.
a oltre 20 anni a Castiglioncello con i Convegni dedicati all'infanzia abbiamo scandagliato, analizzato, dibattuto, anche animatamente, una molteplicità di questioni e di aspetti caratterizzanti il bambino reale e irreale. Ne ricordo alcuni:
Questi convegni hanno rappresentato, per chi è impegnato in campo sociale, educativo ed anche politico, un riferimento importante. Oggi ci troviamo coinvolti in un processo di trasformazione sociale veloce e continuo, che fa essere sfuggente il profilo del bambino irreale e reale, e rende estremamente complesso definire scelte educative e percorsi di formazione e di apprendimento. Prendo in prestito alla filosofia ed in particolare a quanto hanno detto al Convegno, Maurizio Iacono e Luca Mori, alcune affermazioni: “l'illusione ha a che fare con la realtà e l'irreale ha continuità con la realtà”, “possiamo dire che realtà e irrealtà si definiscono entro relazioni”. Il nesso tra realtà e irrealtà è segnalato, nel titolo del Convegno di quest'anno, dal trattino dell'aggettivo “ir-reale”. E' facile proporre esempi a questo proposito. A seconda dei contesti di socializzazione primaria o secondaria in cui un bambino viene calato, alcune delle sue “voci” e delle sue esigenze potranno essere ascoltate, ed altre no: così, esigenze e voci “reali” possono diventare “irreali” in un contesto in cui nessuno le riconosce. Così, la realtà e l'irrealtà di un bambino - ciò che egli può essere e ciò che sarà - sono plasmate e modulate dall'attenzione e dalle aspettative delle figure influenti nel suo campo di relazioni, che hanno precisamente questa grande responsabilità nei confronti dei bambini: sia nell'“andare verso” che nel “ritrarsi”, i genitori e gli educatori possono soffocarne o liberarne le potenzialità che, nella relazione, comportano il passaggio del confine tra reale e irreale. Ci sono, poi, condizionamenti che vanno al di là delle intenzioni pedagogiche esplicite. A proposito di genitori e figli, ad esempio, Nietzsche scriveva (in Umano troppo umano, I, 379) che «le differenze irrisolte nel rapporto tra il carattere e le idee dei genitori continuano a echeggiare nella natura del figlio e sono all'origine delle sue sofferenze interiori». Oppure, potremmo aggiungere, sono all'origine della sua unicità e creatività. In ogni caso, realtà e irrealtà si definiscono entro relazioni. Queste relazioni credo siano anche quelle che coinvolgono gli educatori ed i bambini, i genitori, i bambini ed i servizi educativi, gli erogatori di servizi. In una situazione di relazioni così complessa è necessario un mediatore, un soggetto che non si pone in termini di autorità ma di autorevolezza, ed il Comune può e deve giocare questo ruolo. Per fare questo deve porsi e cercare di rispondere a delle domande: come si rapporta il Comune con il bambino “utente” dei servizi? quale relazione si instaura tra bambino e servizi?. Il bambino diviene un soggetto sociale soprattutto in quanto è 'oggetto' della socializzazione. La socializzazione è un processo di 'alfabetizzazione' attraverso cui ogni individuo acquisisce una identità sociale e viene introdotto alla realtà della vita quotidiana, vale a dire alle regole e alle convenzioni su cui si basa l'organizzazione e il funzionamento di una comunità. La socializzazione, tuttavia, non è un processo unidirezionale, in quanto la soggettività del bambino ha una grande importanza nelle modalità della sua costruzione. Il processo di socializzazione si articola in grandi due fasi: la socializzazione primaria e la socializzazione secondaria. Nei primissimi anni di vita è la socializzazione primaria, che si realizza con l'evolversi del rapporto madre-figlio e/o madre-figlio-educatore nido, ciò che introduce il bambino alle regole del mondo esterno. I contesti in cui ha luogo la socializzazione secondaria sono soprattutto extrafamiliari; in particolare sono l'ambiente scolastico e il gruppo degli amici. Con l'avvio del processo di socializzazione secondaria, e il confronto diretto con il mondo esterno le cui regole sono fatte valere da persone inizialmente estranee (la maestra, il professore, l'allenatore sportivo, ma soprattutto da “altri maestri” TV, sport, spettacolo), i modelli culturali e i modelli di comportamento che il bambino ha acquisito nell'ambiente familiare possono trovare conferma o meno. E' chiaro che per incidere positivamente sul bambino, sul ragazzo non è sufficiente l'azione di un solo gruppo sociale sia questo la famiglia o la scuola, ma è necessario che la scuola, la famiglia e le istituzioni, in primo luogo l'Ente Locale, svolgano iniziative ed operino in maniera coordinata. A Rosignano è presente una solida rete di servizi comunali per l'infanzia (tre asili nido, tre scuole dell'infanzia, centri gioco, una ludoteca, strutture per soggiorni estivi marini e montani, attività di animazione svolte in collaborazione con associazioni e cooperative sociali, ecc.) che offre risposte qualitative ai bisogni delle famiglie e dei bambini e mi fanno dire che il bambino “utente” dei servizi non è una sorta di “bambino ideale”, ma i tanti bambini, con le loro diversità, le loro peculiarità. Ecco che l'organizzazione, le scelte nel campo della formazione, i servizi e gli interventi educativi messi in atto da un Comune devono considerare la domanda di progettazione integrata di servizi ed interventi, proveniente oggi dalle famiglie, dal mondo della scuola, da chi vuole città e quartieri vivibili per i più piccoli. Consentire ai Comuni di dare risposte adeguate, è una scelta per il futuro; è ottusa la politica dei tagli indiscriminati alla spesa pubblica, che incide pesantemente sui bilanci degli enti locali, così come le scelte politiche che incentivano la privatizzazione, tendono al ridimensionamento della scuola pubblica. In questo contesto emerge con forza il ruolo di mediatore che il Comune gioca; innanzitutto per l'attenzione con la quale viene considerato il bambino all'interno dei servizi educativi e scolastici. Attività e servizi quali la refezione, il trasporto scolastico, gli interventi per il diritto allo studio, che sempre più fanno assumere al Comune un ruolo primario nella programmazione educativa e scolastica, hanno al centro il bambino con i suoi bisogni, i suoi problemi, i suoi tempi, non solo come oggetto dell'intervento, ma come soggetto del processo educativo, dell'accompagnamento, del percorso di sostegno. Un percorso che dal nido in poi, segue l'evoluzione e lo sviluppo dei bambini in stretta relazione con le famiglie. Non è un lavoro semplice, chi dirige si trova a dover operare una continua mediazione tra la dimensione tecnico-politica (scelte politiche, risorse, modalità organizzative) e i cittadini utenti dei servizi. Faccio un esempio: se al nido viene aumentato il rapporto educatore/bambini è possibile ottenere un risparmio di personale, che potrebbe essere utilizzato per prolungare l'orario di apertura del servizio. La questione posta in questi termini parrebbe una risposta positiva alle esigenze dei genitori che lavorano, magari senza costi aggiuntivi; ma c'è il rovescio della medaglia: un aumento del rapporto educatore/bambini può far venir meno la qualità dell'intervento educativo e far stare il bambino in una struttura, anche se confortevole ed a misura sua, per dieci ore può significare non tenere conto dei suoi ritmi, dei suoi bisogni. Se privilegiamo l'aspetto per così dire “sociale” rischiamo di sottovalutare le esigenze del bambino, allo stesso tempo rischiamo di non essere compresi dagli utenti. Ecco che è decisivo trovare un punto di equilibrio, una mediazione, che non può che basarsi su un rapporto di fiducia. Una fiducia che va conquistata “sul campo”, con il lavoro di tutti i giorni, fatto di impegno e di passione. E' decisivo per il benessere del bambino, il rapporto di fiducia che si instaura specie nei servizi per la prima infanzia, tra educatori e genitori. Quello del rapporto con le famiglie, con i genitori, non solo in termini di assistenza sociale è una nuova frontiera di attività e di impegno. Dubbi, paure di non essere all'altezza del compito genitoriale, possono diventare drammi se tenuti solo all'interno della famiglia, mentre se socializzati con altri genitori che spesso hanno gli stessi problemi, vengono ridimensionati e riportati ad una giusta dimensione. “Rispetto alla paura di sbagliare che crea difficoltà e tensione nei genitori, credo sia interessante l'affermazione di Winnicott: “Una madre può fare, e farà, degli errori, ma, se le serviranno a fare meglio in futuro, questi finiscono col trasformarsi in un arricchimento” (“Dalla pediatria alla psicoanalisi”). Il coinvolgimento delle famiglie può avvenire utilizzando canali più o meno formali, penso al “comitato mensa” o alle attività realizzate in varie occasioni al nido ed alla scuola dell'infanzia quali la costruzione di giochi, di storie, di libri animati, oppure quelle forme di rapporto con gli uffici e la parte politica che rendono il Comune l'ente più vicino ai cittadini. Grande successo hanno avuto durante il Settembre pedagogico gli incontri con i genitori basati sulla relazione, grazie anche al continuo aggiornamento del personale dei servizi educativi di Rosignano. Alla domanda che la tavola rotonda pone: Come orientarsi nel territorio del Bambino ir-reale?, spero, al di là dello strumento (Mappe? Bussole? Stella polare?) di avere in parte risposto. Spero soprattutto di avere dato un quadro, sia pur sintetico, del laboratorio-Rosignano, che cerca di non limitarsi ad erogare servizi seppur qualificati, ma offrire anche occasioni di confronto e partecipazione. Voglio aggiungere un altro elemento: occorre, nel lavoro educativo e sociale, un grande rispetto ed una grande attenzione nei confronti di chi abbiamo di fronte, sia esso un bambino, un genitore, un “utente” dei servizi, ed il nostro operare deve essere chiaro ed onesto, finalizzato al raggiungimento dell'autonomia ed alla consapevolezza dei diritti e dei doveri, che non significa certo dire sempre di sì. Per questo mi pare significativo concludere l'intervento con una frase tratta dal libro “Margherita Dolcevita” di Stefano Benni: “Sentendo che non dormivo ancora, è arrivata la mamma. Deve aver capito che ero inquieta, perché ha detto: stai tranquilla, andrà tutto bene. Sono stata zitta. Cosa potevo risponderle? Quando i bambini crescono e diventano adulti, capiscono subito che quello che gli avevano detto da bambini non è vero, eppure riciclano ai loro figli l'antica bugia. E cioè che tutti vogliono consegnare ai bambini un mondo migliore, è un passaparola che dura da secoli, e il risultato è questa Terra, questa vescichetta d'odio. Perciò io che sono una bambina in scadenza, penso:
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