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PRIMO FORUM NAZIONALE
DELL'EDUCAZIONE E DELL'ISTRUZIONE

FIRENZE
23 e 24 ottobre 2004
 
Materiali di riflessione
 

La mozione finale

Seminario 1

Seminario 2

Seminario 3

Seminario 4

Seminario 5

Seminario 6

Seminario 7

 

Fare l'insegnante nella scuola pubblica

Intervento introduttivo Gigliola Corduas – FNISM

Obiettivo di questo seminario è mettere al centro dell'attenzione i processi che investono gli insegnanti. Non sempre le tematiche relative agli insegnanti hanno una specifica evidenza, secondo un atteggiamento dualistico per cui da un lato, con buona dose di retorica, se ne esalta il ruolo ma in pratica si dimostra di stimarli ben poco, limitando il loro ruolo a una dimensione puramente esecutiva: non li si considera soggetti promotori del cambiamento e si sottovaluta l'incidenza del punto di vista e della volontà di chi, chiamato a mettere in pratica un cambiamento, deve cambiare a partire da sé.

Già da tempo non si presta attenzione alla condizione degli insegnanti in una scuola che ha assunto una fisionomia più complessa e articolata che in passato e che sta chiedendo cose nuove e diverse. La stessa autonomia scolastica, su cui stanno discutendo in un altro seminario, che pure era stata vista da molti come uno strumento per sganciare la scuola da un meccanismo burocratico centralizzato, funzionale alla riproduzione di un sistema e di saperi autoreferenziali, inserita nel contesto delle nuove forme di lavoro del settore pubblico, priva di forti correttivi politici, culturali e contrattuali, sta diventando una spinta alla privatizzazione del sistema dell'istruzione e alla precarizzazione del personale docente.

Inoltre, secondo una prospettiva di stampo burocratico, si è fatto leva sul "capo d'istituto", come ruolo di sintesi dell'istituzione scolastica, cui ricondurre le scelte e la capacità di raggiungere gli obiettivi, col rischio di sostituire all'autorevolezza che deriva dalla cultura e dall'esperienza il ricorso a un leaderismo di stampo aziendale.

Il ritardo accumulato in questi anni nel dare risposte a esigenze maturate con la crescita di complessità del lavoro nella scuola e la necessità di porre al centro dell'attenzione i temi dell'organizzazione, ha creato un vuoto per cui da un linguaggio burocratico divenuto insufficiente per gestire i processi che si realizzano nella scuola - ma che non ha perso la sua invasività anche rispetto a terreni più direttamente attinenti la didattica - si è passati a un linguaggio di derivazione aziendale, incentrato sulla scuola in quanto servizio. Sono gli anni del richiamo alla dimensione organizzativa della scuola e della Carta dei servizi.

Queste derive hanno facilitato lo slittamento delle problematiche legate all'istruzione e alla formazione sul terreno economicistico nel clima neoliberistico di questo governo, fatto di richiami all'efficiacia e all'efficienza, di famiglie come utenza quando non clienti , e di aberrazioni come il profilo professionale riferito a ragazzini di 13 anni.

Sugli insegnanti si sta giocando una partita importante, relativa alla conservazione della funzione pubblica del docente e alle garanzie costituzionali della libertà d'insegnamento, garanzie verso l'insegnante ma anche nei confronti degli studenti e della società, poiché sulla libertà d'insegnamento si basano il pluralismo e la laicità della scuola.

  • E' un attacco che si svolge innanzitutto sul piano legislativo, attraverso la L.53 e i decreti attuativi che, complessivamente, stanno introducendo un nuovo profilo di insegnante, subordinato alle scelte delle famiglie, spinto su prestazioni che, come nel caso del tutor , creano gerarchizzazioni e spezzano la collegialità e la condivisione.
  • L'art.5 della L.53/03 interviene sulla formazione iniziale, attribuendo un ruolo esclusivo dell'università, esteso anche alla formazione in servizio, con la negazione della specificità di una professione in cui, accanto a interventi di ordinaria "manutenzione", sono determinanti l'esperienza, la riflessione sull'esperienza e sulla pratica didattica e il riconoscimento della scuola come ambiente di crescita professionale. Il risultato è una professionalità costantemente "sotto tutela", dell'università, dell'amministrazione, delle famiglie.
  • Il progetto di legge n.4091 di riforma dello stato giuridico, attualmente all'esame della Commissione Cultura della Camera, snatura il reclutamento pubblico e lo fa con le dovute citazioni letterarie della libertà d'insegnamento, introducendo la chiamata diretta da parte delle scuole e superando il pubblico concorso, spostato alla fase di ammissione dell'aspirante insegnante ai percorsi formativi. Introduce inoltre un'articolazione delle prestazioni che prelude alla frantumazione del profilo professionale e delinea una"carriera" (termine inadeguato per indicare lo sviluppo e la valorizzazione della professionalità) a cifra individuale che trascura gli aspetti di collegialità e di corresponsabilità. Fanno il loro ingresso gli Albi professionali, parallelamente ad un depotenziamento della rappresentanza sindacale e si così avvia la corporativizzazione della categoria.

In questa situazione, è necessario ragionare sulla professionalità degli insegnanti, sugli elementi che la costituiscono e che la garantiscono, in una scuola che si costituisca come luogo pubblico collettivo che accoglie, riconosce, valorizza e fa interagire i diversi soggetti (docenti, studenti, genitori, territorio), che promuove, attraverso il confronto tra orientamenti e culture diverse, solidarietà e condivisione. La conoscenza si produce nell'interazione sociale che diventa prima risorsa per l'apprendimento in una scuola che educa alla complessità e al pensiero critico, valorizza le differenze e fa del diritto all'istruzione un diritto di cittadinanza.

E' necessario un rilancio che faccia leva sul ruolo costituzionale della scuola e della professionalità degli insegnanti, che veda l'educazione come progetto etico con al centro il diritto universale all'educazione e l'opposizione a ogni forma di mercificazione della conoscenza.

Sono finalità che si raggiungono anche attraverso l'esercizio della professionalità docente forte, fondata sulla libertà d'insegnamento, con il rifiuto dei processi di gerarchizzazione e di precarizzazione, la consapevolezza che l'essere e fare l'insegnante oggi comporta il confronto con i processi di globalizzazione, con i conflitti sociali, territoriali, culturali e politici che investono anche la scuola.

 

Restituzione del lavoro del gruppo di Loredana Fraleone

IL QUADRO

Insegnare nella scuola pubblica è diventata un'attività che, pur mantenendo un grande fascino, soprattutto per il suo carattere di sfida, comporta un disagio crescente. Da troppo tempo questo lavoro così delicato ed importante è sotto attacco, e lo è proprio in quanto garante della scuola pubblica, alla quale la politica liberista vuole sottrarre la funzione di ente fondamentale della formazione della persona. Gli ultimi provvedimenti della Moratti, spingono a fondo tale processo, con la frantumazione del profilo professionale e la corporativizzazione dei docenti, rafforzati dalla deriva dell'autonomia verso la privatizzazione.

LA RESISTENZA

In questo quadro negativo si inserisce però una resistenza messa in atto soprattutto nelle pratiche quotidiane, in modo particolare nella scuola di base, meno diffusamente nella scuola superiore.
Ciò non è casuale, perché la scuola superiore è la meno difendibile e la più bisognosa di cambiamenti.
La scuola di base, infatti, riformata negli anni '60 per rispondere al dettato costituzionale, ha come motore il lavoro cooperativo, che ha formato i docenti più di qualsiasi corso di aggiornamento, che pure i maestri hanno seguito in gran numero, con una consapevolezza diffusa del valore della propria professione.
Anche se la relazione affettiva, trattandosi di bambini, può aver favorito l'assunzione delle responsabilità sociale della funzione docente, il ruolo decisivo è stato giocato dalla collegialità e dall'organizzazione cooperativa del lavoro.

LA PROSPETTIVA

Mettere al centro del lavoro docente “la relazione”, è indispensabile per la costruzione del sapere sociale, che deve prevedere una partecipazione attiva da parte degli allievi, affinché il processo di apprendimento sia efficace. In sostanza il lavoro dei docenti e quello degli allievi dovrebbe essere fondato sulla organizzazione e sulla valorizzazione della relazione.
Per questo il modello della scuola di base, del tempo pieno in particolare, dovrebbe essere esteso agli altri segmenti scolastici.
Il rilievo della formazione dei docenti dovrebbe essere finalmente assunto in tutta la sua complessità, così verrebbero sciolti molti nodi del reclutamento. La formazione universitaria dovrebbe avere un carattere specifico ed unitario, ma per questo richiede una nuova riforma dell'università, impostata oggi sulla frantumazione, l'esclusione e meccanismi di selezione inaccettabili.
Per quanto riguarda il da farsi immediato, sia per continuare ad ampliare la resistenza, sia per tracciare possibili scenari futuri, è necessario valorizzare il lavoro ordinario e gli organismi collegiali, come il collegio docenti, anche per controbilanciare il peso crescente dei dirigenti scolastici.