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vivere la scuola senza ansie
una proposta operativa per superare demotivazione
e stress
Estratto dal Seminario "Successo scolastico e coinvolgimento
dei genitori" organizzato dall'EPA (European Parents Association)
a Parigi il 28/30 Novembre 1997 nel quale il Dott. Carlo Ricci, psicologo
della salute, docente alle Università La Sapienza e Salesiana
di Roma, ha illustrato alcuni programmi di lavoro rivolti ai genitori.
l
processo di scolarizzazione, almeno in Europa, coinvolge, praticamente
la totalità dei bambini. L'acquisizione delle competenze scolastiche
impegna gli allievi per la maggior parte del tempo in cui sono svegli
fino al raggiungimento dell'età adulta. In molti Paesi sono attivi
orari prolungati di permanenza a scuola ed in altri vi è la prassi
di assegnare compiti a casa dopo la frequentazione delle attività
di classe.
L'andare a scuola si configura come la sfida cognitiva e motivazionale
più impegnativa che i bambini si trovano a dover affrontare nella
loro crescita. (Bandura 1995). La scuola è difficile perché
propone un accrescimento progressivo delle richieste basandosi su quelle
già acquisite. Presuppone apprendimenti cumulativi, pertanto,
una mancanza momentanea può avere una ricaduta, producendo difficoltà,
in un momento successivo, magari, nell'ambito dalla stessa disciplina
o in relazione ad altre materie. Un'altra ragione per pensare alla scuola
come ad una sfida cognitiva è il suo essere pubblica, nel senso
che le nostre capacità o incapacità vengono mostrate ad
altri. Per alcuni allievi l'esposizione al giudizio altrui o solo l'essere
oggetto di osservazione è fonte di tensione e stress. Un ulteriore
motivo è che comunque, malgrado in molti Paesi ci si sforzi di
ridurlo il più possibile, la scuola è un contesto di competizione
interpersonale. Tutto questo dimostra quanto il successo scolastico
o il fallimento siano determinanti nel definire l'immagine di sé,
l'autostima, e la gestione delle emozioni come l'ansia, la depressione,
la collera e lo stress.
Per quanto queste relazioni siano note già da molto tempo e numerosi
psicologi e scienziati dell'educazione hanno fornito una mole significativa
di studi e ricerche in questo campo è solo da qualche anno che
sta prendendo corpo, anche negli insegnanti, il convincimento secondo
cui le scuole devono fare qualcosa di più rispetto all'insegnare
abilità di tipo intellettivo, dovrebbero cioè favorire
lo sviluppo personale dello studente delle convinzioni su di sé
e delle competenze autoregolatorie necessarie a perseguire la propria
autoeducazione permanente. (Zimmermann 1995).
Ad innalzare la sfida, come non bastasse, vi è l'impressione,
che le richieste scolastiche siano sistematicamente in anticipo rispetto
agli effettivi tempi di maturazione cognitiva ed emotiva del bambino.
[...]
A questo punto la domanda da porci è: che cosa possiamo fare
come genitori per aiutare il bambino a fronteggiare in modo attivo (coping
skills) i fallimenti scolastici? Numerose esperienze che abbiamo
condotto lavorando con gruppi di genitori di allievi con difficoltà
di apprendimento dimostrano come un intervento concordato tra scuola
e famiglia può risultare risolutivo. Ruolo dei genitori sarà
quello di supporto emotivo per il proprio bambino e di aiuto nello sviluppare
abilità di studio e di problem solving. [...]
Il modo migliore per aiutare il bambino a fronteggiare le esperienze
negative è quello di favorire in lui una riflessione orientata
alla soluzione dei problemi. In primo luogo dovrà essere aiutato
a definire la discrepanza tra quello che vorrebbe ottenere e i risultati
avuti in termini di problema, raccogliere le informazioni necessarie
e sufficienti per capirlo, generare alternative di soluzioni, valutarne
le conseguenze e divenire attivo nello sperimentarle.
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