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aiutare a studiare
storie di copertina
entre
sto preparando i lucidi per il secondo incontro con i genitori per il
progetto «Aiutare a studiare», una madre chiede di parlare:
«Prima di iniziare mi sembra importante raccontare quello che
è successo l'altra sera fra me ed il bambino .... stavo cucinando
mentre lui faceva i compiti al tavolo .... ad un certo punto comincia
a raccontarmi in tono lagnoso che a scuola un suo compagno non ha voluto
prestargli la gomma da cancellare .... sto per partire subito con una
delle mie "risposte tipo" (- perché devi chiederla
agli altri, se hai la tua nell'astuccio? - oppure - se stessi più
attento non avresti bisogno di cancellare! - Oppure - sbrigati, piuttosto,
che è quasi ora di cena! -) quando mi vengono in mente le cose
che lei Dottore ci detto l'altra volta a proposito dell'ascolto empatico
e di come sia importante permettere al bambino di esprimere le emozioni
che prova. Decido in una frazione di secondo di provare ....
Mi siedo vicino a lui e chiedo: ci sei rimasto proprio male, vero? Mi
guarda stupito mentre gli occhi si riempiono di lacrime e poi scoppia
a piangere disperato ed in un mare di singhiozzi mi racconta che non
era vero che gli serviva la gomma, era solamente una scusa per poter
fare amicizia con questo bambino e che è il più forte
della classe quando giocano a calcio, che ha una bicicletta bellissima
che vorrebbe gli facesse provare, ma che purtroppo non lo considera
per niente!
Si è sfogato ancora raccontandomi tutte le sue disgrazie
e mentre lo abbracciavo e accarezzavo per tranquillizzarlo, gli ho raccontato
di quello che mi succedeva alla sua età, dei miei compagni, della
scuola, dei miei problemi di allora .... devo dire che ha fatto bene
anche a me .... ovviamente quella sera abbiamo cenato in ritardo, ma
era tanto tempo che non mi sentivo così vicina a mio figlio!
Questa esperienza mi ha fatto piacere ma mi ha anche sconvolto ....
Chissà quante altre volte sarà successo che lui voleva
comunicare quello che provava e noi non lo abbiamo capito e ascoltato ....
questo credo che sia importante!»
Roberto Poggiolini (psicologo - relatore del Corso)
uando
mi è stato chiesto di scrivere un articolo sull'esperienza fatta
con i genitori mi è venuto spontaneo ricordare il grande entusiasmo
con cui ho iniziato questi incontri. La cosa che più mi ha motivato
è stata la convinzione che l'educazione dei genitori può
costituire davvero la via maestra della prevenzione primaria, soprattutto
se realizzata nell'ambito della scuola dell'obbligo, in fondo è
lì che sono quasi tutti i ragazzi con le loro famiglie.
Quando si educa e si promuove si agisce indirettamente per la prevenzione.
Operando per aumentare le competenze educative dei genitori si opera
a favore del benessere dei bambini e quindi del benessere della società.
Educare è difficile, ma possibile; richiede riflessione e capacità
di interrogarsi. Non sempre ciò che viene spontaneo è
anche educativo, mettere in atto comportamenti educativi è un
punto di arrivo, sbagliare è normale. Il punto non è non
sbagliare, ma accorgersene e sapersi correggere. Per questo l'educazione
è un processo sempre aperto è un cammino da fare prima
che un dovere da compiere. Ma se è vero che nella vita di ognuno
di noi qualcuno ci ha insegnato a scrivere, a parlare e a leggere, chi
ci ha insegnato a fare il genitore?
Perché se esiste la possibilità di conoscere un modo più
efficace di comunicare con i figli non dobbiamo operarci per riflettere
con i genitori di questo?
Aiutare il bambino a dare un nome ai propri sentimenti e stati d'animo
gli permette di fare chiarezza dentro di sé. Il genitore deve
essere una sorta di specchio nel quale egli possa vedere se stesso più
chiaramente. In altri termini deve fornire un "feed back".
È importante aiutare i genitori a riconoscere le proprie emozioni
per divenire poi efficaci nel restituire al bambino questa capacità
di decodificazione emotiva, fondamentale a uno sviluppo ben orientato.
È possibile l'educazione della mente emozionale, è possibile
educare i genitori alla genitorialità. È questa la sfida
che ci siamo posti e che continueremo spero a porci.
Barbara Davanzati (psicopedagogista - relatrice del corso)
entre
stavo concludendo la prima serata alla scuola delle Fontanelle e ribadivo
ai genitori il concetto: Il genitore non è un insegnante, per
cui non deve fare l'insegnante, una madre ci regalò questa testimonianza.
- Mia figlia aveva come compito a casa l'individuazione di una serie
di segnali stradali. La bambina, premettendo che la maestra non aveva
spiegato in classe il loro significato, chiese il mio aiuto. Io, piuttosto
contrariata da questo fatto, mi misi a fare il compito per lei. Non
avevo certo il tempo di stargli a spiegare tutti i segnali, perché
poi lei facesse la sua esercitazione!
Il giorno dopo mia figlia tornò a casa con il compito corretto;
l'insegnante vi aveva scritto: "Brava la mamma".
Mi sembrò veramente troppo! Decisi che sarei andata a parlare
con l'insegnante il giorno successivo. Lo feci e la sua spiegazione
mi spiazzo letteralmente. Lo scopo dell'esercitazione era quello di
comprendere il livello di conoscenza che i suoi alunni avevano sui segnali;
una volta avuta questa informazione infatti, sarebbe stato più
semplice per lei capire da che punto iniziare con la spiegazione. Il
mio intervento non aveva reso possibile questo. Devo dire che non avevo
pensato neppure per un attimo a questa evenienza. Capii in quel preciso
istante quanto intervenire possa cambiare il senso dell'esercitazione;
quanto effettivamente possa essere azzardato dare un giudizio sull'operato
dell'altro senza conoscere il contesto totale della situazione. In fin
dei conti noi genitori non conosciamo la motivazione o il progetto che
sta dietro ad un compito. Esso è soprattutto uno strumento per
l'insegnante affinché comprenda meglio le difficoltà dei
nostri bambini, se interveniamo in maniera sbagliata, non permettiamo
questa comprensione. -
Devo dire che fui molto riconoscente a questa madre per la sua testimonianza.
Essa, più di qualsiasi spiegazione teorica, servì a esprimere
il concetto che volevo passare in quel momento.
Barbara Davanzati
biettivo
del progetto «Aiutare a studiare» è quello di dare
al genitore un supporto e un sostegno nella gestione dei compiti pomeridiani
dei figli.
La risposta da parte dei genitori nelle scuole di Prato, è stata
di insegnamento anche per noi operatori. Io personalmente conduco da
diversi anni incontri nelle scuole per genitori, per insegnanti e per
alunni e non ho mai visto così tanta partecipazione come per
il suddetto progetto.
Evidentemente il bisogno dei genitori è proprio quello di avere
delle risposte concrete a dei bisogni concreti. Imparare ad ascoltare
i propri figli, a porre loro delle domande in modo diverso da come si
è abituati a fare con il linguaggio comune dà dei risultati
immediati che i genitori ci portano come testimonianza nei nostri incontri.
Un esempio fra tutti: cambiare la domanda che si fa ogni giorno all'uscita
della scuola ai propri figli da «Come è andata oggi?»
a «come sei stato/a oggi?» manda al bambino un messaggio
completamente diverso, la prima domanda manda un messaggio implicito
di maggior interessamento ai risultati scolastici mentre nella seconda
il messaggio è «prima di tutto mi interessi tu».
A conferma di quanto il linguaggio sia importante molti genitori ci
hanno testimoniato che, nel momento in cui hanno cambiato la domanda,
i figli si sono aperti al dialogo e hanno raccontato di sé e
della loro mattinata a scuola.
Abbiamo rilevato, nel corso dei tre incontri, un alto livello di partecipazione
non solo nel numero degli iscritti, ma anche nel grado di attenzione
e di coinvolgimento.
Addirittura in alcune scuole i genitori si sono attivati per proseguire
e approfondire i temi dell'allenamento emotivo, dell'ascolto empatico
e del problem solving. Sono partiti dei «corsi di formazione
per genitori» dove attraverso l'attivazione del gruppo i partecipanti
hanno potuto sperimentare il nuovo linguaggio e i nuovi atteggiamenti
da adottare con i figli. In molti alla fine del corso hanno espresso
il desiderio di approfondire la loro formazione per diventare facilitatori
per eventuali altri gruppi di auto-aiuto all'interno della scuola.
Visto che il «lamento» per la scarsa partecipazione dei
genitori all'interno della scuola è molto diffuso fra gli addetti
ai lavori, possiamo affermare con certezza, dopo questa esperienza,
che se noi operatori troviamo delle chiavi di accesso più funzionali
e proponiamo dei corsi «utili» nella gestione della vita
quotidiana, i genitori non solo partecipano ma capiscono quanto sia
importante confrontarsi nei gruppi.
Sonia Vita (pedagogista - sessuologa - relatrice del corso)
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