torna alla home page Genitori Come 1/2001
[ home ] [1/00] [2/00] [1/01] [2/01] [1/02] [1/03] [2/03] [1/04] [2/04] [1/05] [2/05] [1/06] [2/06] [1/07]

 

 

Editorialedalla parte delle famigliefamiglie e territoriosessualitą e affettivitą
 
 

Dopo la prima parte del contributo di Miriam Monticelli, che lavora come mediatrice familiare presso il centro “Il Melograno”, apparso nell’ultimo numero di Genitori Come riportiamo due esperienza significative di mediazione.

Perché e per chi mediare?


Perché talvolta le vicende legate alla crisi coniugale e alla scelta di separarsi portano in primo piano gravi angosce, che occupano tutto lo spazio nella mente dei genitori.
Così era per Paolo, un padre che ho conosciuto al Melograno. Era venuto lui a chiedere la Mediazione, perché Stefania, la moglie, si era decisa a chiedere la separazione. Paolo aveva da poco saputo della relazione che Stefania aveva avuto col loro capo, e aveva all’improvviso capito che i suoi frequenti viaggi con questa persona non erano motivati dal lavoro. Ma la storia d’amore col capo era finita e Paolo continuava a sperare che Stefania cambiasse idea sulla separazione. Stefania era invece convinta di volersi separare. Avevo l’impressione che Paolo venisse agli incontri di Mediazione perché essi erano diventati l’unico modo per vedere lei. Dichiarava ripetutamente la sua preoccupazione per Marta, la loro bambina di 6 anni, ma mi sembrava che queste dichiarazioni fossero soprattutto dettate dal timore che io potessi interrompere gli incontri.
Paolo era un uomo intelligente e sensibile, ma profondamente disperato. Il suo atteggiamento nei confronti di Stefania variava dalle richieste infantile del tipo -voglio te, solo te, se mi lasci muoio-, alle minacce onnipotenti e distruttive -ti farò vedere io, pagherai caro, Marta ti odierà-
Ho lavorato per un po’ cercando di avvicinare Paolo a Marta. Invano, perché Paolo aveva in mente solo Stefania e Marta era solo un aggancio a lei, per poterla riavere o torturare.
Quando Paolo si oppose pregiudizialmente all’idea che Marta pernottasse a casa sua, ho detto che trovavo difficile andare avanti. Paolo allora mi disse “sì, dottoressa, ne sono consapevole. Lei ha capito che io non voglio che Marta rimanga a dormire con me semplicemente perché non voglio che Stefania abbia delle serate libere. Mi rendo conto che questo significa strumentalizzare mia figlia, ma credo che lo farò, pur di rovinare la vita alla mia ex moglie. Non credo che Marta ne risentirà, lei è una bambina tranquilla” Siamo rimasti a lungo in silenzio tutti e tre. Trovavo inutile ogni parola. “Comunque le assicuro che Marta sta meglio di me” Altri minuti ancora in silenzio. “Non posso fare altrimenti” Gli fui comunque grata per la sua franchezza.
A mediazione interrotta, ho fatto qualche colloquio individuale con entrambi. Ho sostenuto Paolo nel riconoscere il bisogno di essere aiutato a comprendere la grande risonanza interiore che tutte queste vicende avevano provocato dentro di lui. Ho infine salutato entrambi dicendo che mi auguravo di rivederli in Mediazione fra un po’ di tempo, dopo che un altro tipo di aiuto avesse permesso loro di digerire un po’ meglio gli eventi drammatici di questi momenti.
Vi parlo di una Mediazione interrotta perché serve chiarire che essa non è la Soluzione: la Mediazione è “una” soluzione, che come tutte le soluzioni sono possibili solo in certi casi. Ci sono genitori che, come Paolo, devono percorrere altre vie. A nulla sarebbe servito dire a lui, come a tanti altri genitori, “Lei così fa del male a sua figlia” oppure che “l’uso strumentale dei bambini nel conflitto fra i genitori è una cosa riprovevole”. Lui lo sapeva perfettamente. Ma, per usare le sue parole, non poteva fare diversamente.

Allora, vi chiederete , come può funzionare la mediazione familiare, visto che spesso le separazioni sono eventi carichi di angoscia?
Voglio allora raccontarvi la storia di Mauro e Elena. Elena arriva da sola al Centro ed esclude assolutamente la possibilità che Mauro possa essere coinvolto: secondo la signora, lui non accetterà mai di venire a degli incontri con lei.
Non si parlano più neanche per telefono, e hanno elaborato una strategia complicata per non doversi incontrare nei momenti in cui la loro bambina, Laura, passa dall’uno all’altro. Propongo di scrivere io stessa una lettera a Mauro, per dirgli che ho conosciuto Elena, che abbiamo parlato di Laura e che sono interessata a conoscere il suo punto di vista sulla situazione. Nonostante le previsioni pessimistiche di Elena, Mauro risponde e fissa un appuntamento con me.
Anche Mauro, come Paolo, è stato lasciato, anche lui soffre ancora per l’abbandono da parte di Elena, verso la quale ostenta rivendicazione e un’aperta ostilità. Elena ha un nuovo compagno, che non vive ancora con lei, anche se passa molto tempo a casa sua. Mauro soffre dell’idea che la sua bambina, a cui è teneramente e autenticamente molto legato, condivida con questo signore, e non con lui, la quotidianità, fatta del preparale la cena, del metterle il pigiama, e così via. Laura ha 6 anni, e lui è seriamente preoccupato che a questa età sia possibile sostituire la figura del padre naturale con chi ne fa le veci.
L’ostilità verso Elena è rinforzata da questo timore.
I loro rapporti sono regolati da accordi privati, che Elena però percepisce come molto penalizzanti per lei. Tali accordi vengono inoltre usati per confliggere: una volta, per esempio, Elena ha avuto un impegno serale di lavoro improvviso. Ha chiamato lui per sapere se poteva lasciargli Laura. Naturalmente Mauro ha detto no. Ha chiesto allora se poteva lasciarla al suo compagno, ma Mauro ha detto ancora no, perché questo non è previsto dai loro accordi, secondo i quali la bambina può essere affidata o a uno di loro due, o alla babysitter (irrintracciabile a quel punto). Hanno litigato furiosamente, ma questo è successo durante la mediazione e quindi ci ha offerto la possibilità di addentrarci nei problemi.
Mauro ed Elena sono riusciti a pervenire a nuovi accordi, che entrambi hanno percepito come adeguati. Sono anche riusciti a concordare di essere presenti entrambi alla festa di compleanno di Laura e di continuare la tradizione della loro “vecchia” famiglia di condividere con amici e figli degli amici l’arrivo di Babbo Natale con i regali per i bambini, a cui Laura teneva tantissimo.
Credo che Mauro e Elena colludessero entrambi con l’idea che era tutto inutile, idea a cui per fortuna mi è stato possibile non credere. Elena incolpava di questo Mauro, con un atteggiamento vittimistico e sacrificale. Mauro si sentiva pieno di rancore verso Elena che aveva distrutto il suo progetto di vita e che ora stava mettendo a rischio la sua paternità, tanto da ritenere per lui possibile solo il farsi forte attraverso accordi che costringevano lei alla dipendenza da lui.
Credo che ciò che ha favorito il processo di Mediazione in questi genitori sia relativo al fatto di andare in un posto dove venivano valorizzati come adulti responsabili, capaci di essere genitori, gli unici genitori di Laura. La riflessione sulla paura di Mauro che l’altro potesse portargli via l’amore di Laura (dopo aver raccolto quello di Elena) credo sia stato il vero punto nodale del lavoro. Era stato fino allora un argomento tabù, fonte di divieti imposti e subiti. Mauro ha detto quello che non era facile dire per lui. Elena ha ascoltato quello che non era facile ascoltare per lei.
Attraverso che cosa significa mettere il pigiamino a Laura, se è giusto che Laura abbia due pigiami, uno dal babbo, uno dalla mamma, Mauro e Elena sono riusciti, almeno un po’, a mettersi l’uno nei panni dell’altro, almeno quel tanto che basta per fare degli accordi sufficientemente buoni per entrambi.

Miriam Monticelli
Psicologa Mediatrice Familiare (Ass. Paidos)
Centro per le Famiglie “Il Melograno”
Sesto F.no (Fi)