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Editoriale marisa e il cgddicono di marisala biografiamarisa e la costituzioneappelloriflessioni per oggi 
 

Sergio Tavassi, ex presidente CGD Nazionale .

Roma Sala della Protomoteca, 7 novembre 2002

Sono grato ai figli di Marisa e a Ennio di aver pensato a me per questo saluto in cui ricordare gli anni dell'impegno di Marisa nel Coordinamento Genitori Democratici prima e nell'Associazione “Gazzella” poi, ma non so se questa volta sarò capace, come scrive Marisa in un punto de “La ragazza di via Orazio” di “sdrammatizzare le situazioni difficili”. Sono stati 25 anni intensissimi talmente pieni di eventi da non sapere da dove cominciare.

La storia di questi 25 anni è stata caratterizzata da un formidabile impegno politico e morale di Marisa ma anche da una grande gioia di vivere insieme a tanti amici a amiche questo impegno. E' dunque con questo spirito che comincerò a ricordare alcune tappe importanti mettendo in pratica uno dei primi insegnamenti di Marisa “quando hai davanti una massa troppo grande da sbrogliare, scegli un filo e tiralo, gli altri seguiranno”. Il filo che ho scelto è una filastrocca di Gianni Rodari che Marisa ricordava sempre e che certamente molti di voi ricordano:

“E' difficile fare le cose difficili: parlare al sordo, mostrare la rosa al cieco. Bambini imparate a fare le cose difficili”

Marisa di cose difficili né ha fatte proprio tante, ma ne ricorderò solo alcune, lasciando le infinite altre alla memoria di chi ha avuto la speciale fortuna di lavorare con lei.

Innanzitutto la fondazione nel 1976 del CGD. Iniziativa politica che Marisa vedeva come il recupero di una storica sottovalutazione da parte del PCI dei problemi legati alla scuola e in generale all'infanzia di bambini e bambine e alla adolescenza e riconoscendo, invece, un valore particolare alle responsabilità educative da parte di genitori e insegnanti. Valore proprio di una cultura laica da non delegare, come nei fatti era sempre avvenuto, ad associazioni e istituzioni confessionali nel nostro Paese. Lo sviluppo di questa grande attenzione a tutti gli aspetti della educazione dell'infanzia e dei giovani intrecciava l'attività della associazione con la pubblicazione del “Giornale dei Genitori” che Marisa ha diretto dal 1977, subentrando a Gianni Rodari, fino al 1992.

Altra cosa difficile fu, senza soldi e senza sede, mettere insieme un gruppo dirigente della più varia estrazione e all'inizio senza alcuna esperienza di direzione organizzativa e politica di movimenti. Così furono reclutate in momenti diversi, le persone che hanno lavorato con lei per più di 20 anni: Luisa, Annamaria, Mariarosa, Barbara, Mario e tanti altri che sarebbe troppo lungo citare e che hanno fatto nascere il CGD a Roma e in numerose città d'Italia.

Ricordo ancora quanto fu difficile, già completamente affrancati da qualsiasi condizionamento politico e finanziario dei partiti politici, prendere posizione forte e immediata contro l'inserimento dell'ora di religione nella scuola pubblica e riuscire a portare su questa posizione altre associazioni della sinistra e lo stesso PCI. Battaglia di grande impegno civile perché afferma ancora oggi che la scuola semplicemente deve essere laica, cioè di tutti e per tutti senza distinzioni di religione, di razza, di differenti culture. Marisa e noi tutti sapevamo che quella battaglia l'avremmo persa, ma l'abbiamo fatta semplicemente perché era giusta e le cose giuste, diceva Marisa, devono essere fatte. stata l'ideazione e l'organizzazione dei Convegni di Castiglioncello insieme al Comune di Rosignano dal 1984 fino ad oggi, imponendo il CGD all'attenzione degli ambienti culturali e dei media e considerato ormai tra i più importanti appuntamenti sull'infanzia in Italia. Solo alcuni titoli che certo molti dei presenti ricordano: Il bambino tecnologico, Il bambino violato, Il bambino cattivo, Il bambino colorato e tanti altri fino all'ultimo di quest'anno, Il bambino sconfinato, particolare motivo di soddisfazione per Marisa che vedeva continuare il successo di questi appuntamenti sull'infanzia con un gruppo dirigente completamente rinnovato capace finalmente di andare avanti da solo e bene.

E infine l'ultima cosa difficile, forse la più difficile: la fondazione dell'associazione Gazzella per aiutare i bambini e le bambine palestinesi ferite. Un'idea in cui confluivano due diverse grandi esperienze della vita di Marisa: la tensione alta dell'internazionalismo comunista che in prima persona aveva vissuto in passato in tante parti del mondo (in Cina, in Vietnam, in Mozambico), e l'attenzione alla vita e alla crescita dei bambini, patrimonio di tanti anni di lavoro nel CGD e al Giornale dei genitori [..]

Sono queste ovviamente solo alcune delle cose difficili che Marisa ha fatto in 25 anni di impegno nel CGD e in Gazzella, ma non è solo per queste che ha lasciato segni indimenticabili. Non li descrivo perché chi ha vissuto e lavorato a lungo con lei, li conserva gelosamente nel proprio cuore. Per quanto riguarda me, chiamato a ricordarla, il segno indimenticabile.[..] E' una amicizia rara, piena di complicità e divertimento, nata nel lavoro comune e maturata durante stupendi viaggi in ogni parte del mondo. Per il resto posso solo ricordare ciò che lei stessa dice di se alla fine della sua autobiografia. “Sono serena perché incorreggibile ottimista, sono convinta che le grandi cose che hanno costituito il filo conduttore del mio impegno ñ la fine delle ingiustizie sociali, una reale uguaglianza tra i popoli, la libertà, la pace - e quelle che sono venute dopo in un mondo libero dall'inquinamento, rispettoso delle leggi della natura, multietnica - ci mettono per realizzarsi, più di una vita, della mia certamente, ma alla fine si compiono”.

E dunque, anche per questo incorreggibile ottimismo , ottimismo della ragione e della volontà che insieme agli amici e alle amiche del CGD e di Gazzella ti diciamo “Grazie Marisa”.

 

Ennio Polito, compagno di vita

Se dovessi riassumere in meno di una riga il senso della vita di Marisa, scriverei che è stata una vita vissuta con il coraggio della rettitudine. La rettitudine era stata la grande luce dell'insegnamento dei suoi genitori,[..] una coppia armata di un formidabile progetto di vita e convinta, lei ricordava, che «se si ritiene che una cosa sia giusta, non ci si deve esimere dal farla». In tempi di fascismo trionfante, il coraggio era lo strumento indispensabile per applicare quella massima e Marisa se ne appropriò fino in fondo, per poter essere in prima linea nella riconquista della libertà.[.].

Ma, dopo la Liberazione, scartò decisamente ogni tentazione reducistica e la ripose nel cassetto insieme con la sua vecchia rivoltella. Andò incontro, con lo stesso animo, a nuove prove: l'incontro con le realtà sociali del paese, ignote alla gente della sua classe, con la Sicilia in lotta per il suo riscatto, con la Cina rivoluzionaria, con l'Africa in rivolta contro il colonialismo, con l'Intifada palestinese.

Ebbe una vita straordinariamente piena. [..] Un mondo ricco di persone e di cose, che sollecitavano la sua intelligenza, le sue energie e la sua fede, ma la mettevano anche alla prova. Combattente generosa, percorse le vie del dubbio, mai quelle della slealtà, e affinò il suo senso critico senza mai venir meno a un'intransigenza che era parte del suo bagaglio di coraggio e di rettitudine, anche nei rapporti personali e familiari. Troppo lungo sarebbe l'elenco degli insegnamenti che la nostra unione ci ha dato, anche e soprattutto con la sua capacità di fare di ogni impresa un successo.

[..]

 

Mauro e Gigliola Sbordoni

Marisa Musu: l'abbiamo conosciuta in momenti e situazioni diverse, legate comunque alla scuola e alla creazione di qualcosa di nuovo.

Erano gli anni '70. Io [ dice Mauro, ndr .] in quel periodo lavoravo all'Unità , cronaca di Firenze.

“Arriva Marisa Musu da Roma - mi dissero - perché mettono su una pagina speciale dell'Unità sulla scuola”: la pagina settimanale della scuola dell'Unità coordinata da Marisa.

I colleghi della redazione mi dettero qualche notizia su Marisa del tipo “vecchia comunista intransigente”.

Quando Marisa entrò in redazione mi trovai davanti una persona che della vecchia comunista aveva l'abbigliamento (tailleurino monocolore blu scuro, scarpe nere a mezzo tacco, borsetta nera) e il portamento: svelto ed eretto di persona sempre in fase operativa.

Una volta seduti davanti ad un tavolo a parlare della nuova pagina l'impressione cambiava: non l'aria severa non il sussiego dottrinale di chi vuol subito stabilire le distanze, ma al contrario un sorriso aperto, l'entusiasmo di chi fa qualcosa di nuovo senza guardare agli immediati tornaconti, la manifestazione della genuina accoglienza delle proposte che sapessero di “aria fresca”. E tale fu la pagina settimanale della scuola dell'Unità coordinata da Marisa.

Fu un grande evento politico, un'occasione rimasta unica nella storia dell'Unità, condotto con l'operosità di un'ape e la leggerezza di una farfalla. Sugli interventi direttamente politici e teoricamente pedagogici prevalevano di gran lunga le testimonianze della nuova scuola italiana che si costruiva con i comitati scuola-famiglia, le associazioni spontanee dei genitori, i comitati di quartiere, le prime esperienze di tempo pieno, le collaborazioni intense fra i Comuni e le scuole, i movimenti degli studenti medi. Spesso questa pagina era animata da disegni di ragazzi e, magari, fotonotizie di occupazione di terreni per rivendicare la costruzione su di essi di una scuola.

Da questa stagione, da questo impegno partì l'onda lunga della scuola italiana: la scuola dei nuovi programmi (scuola elementare e scuola media), dei nuovi orientamenti della scuola materna, del tempo pieno, dell' “I care”, del “non uno di meno”.

...............

Era il 1985 Marisa compiva sessanta anni e mi [parla Gigliola, ndr. ]comunicò che li avrebbe festeggiati volentieri facendo un viaggio a Praga con le mie figlie (Silvia di 15 anni e Francesca di 18), con Orietta (all'epoca una giovanissima collaboratrice di Marisa al Giornale dei Genitori ) ed Alberto, il figlio di un'altra sua amica.

La proposta fu accolta con entusiasmo e Marisa partì, unica guidatrice della sua Opel Kadett con questi quattro ragazzi, la sua immancabile tendina e quelle di loro. Per le mie figlie quel viaggio è ancora indimenticabile e credo che sia stato importante per la loro formazione. Marisa fece loro dono diretto di amicizia e con la sua allegria e il suo buonumore fece loro toccare con mano cosa era stato il nazismo (la visita a Mauthausen) e quali profonde differenze esistessero fra la democrazia e un regime autoritario e ideologico quale quello socialista vigente allora in Cecoslovacchia.

Marisa aveva una concezione dell'educazione laica e democratica e la esprimeva, la praticava, ne faceva un obiettivo del proprio impegno politico sia che dirigesse il Giornale dei Genitori, sia che organizzasse ed animasse il Coordinamento Genitori Democratici, a cui dette vita, sia che discutesse con i compagni del suo partito perché ponessero un po' più di attenzione alle questioni dell'infanzia, della famiglia, della scuola. Marisa era una persona coerente: la sua coerenza non aveva rigidità, né durezze, ma si esprimeva sempre con grande leggerezza perché Marisa amava e considerava naturale unire la dimensione morale (quella dei valori testimoniati personalmente) a quella politica. Del resto una delle rare volte in cui Marisa mi parlò della sua esperienza di gappista, quando le chiesi come avesse fatto a resistere alla tortura fascista, mi disse con grande semplicità e senza alcuna retorica che per lei non parlare fu scegliere il meno peggio, perché l'alternativa era tornare da spia fra i suoi compagni e questo lì per lì le apparve come qualcosa di assai più doloroso della tortura.

Le confidenze che andavo via via strappando a Marisa sulla sua vita mi riempivano di ammirazione per una donna che, nonostante avesse avuto una vita assai avventurosa, improntata frequentemente e pesantemente al sacrificio, conservava una grande gioia di vivere, amava intensamente la vita, il piacere, la bellezza, l'allegria.

Ho sempre pensato che la serenità e l'equilibrio di Marisa fossero il frutto della sua intelligenza, e avessero anche all'origine quell'educazione laica che le aveva dato sua madre, un'educazione di cui Marisa andava particolarmente orgogliosa.[...]

Nell'attività politica che ci ha viste insieme per la diffusione di una cultura dell'infanzia e della famiglia che non fosse patrimonio soltanto della tradizione cattolica, assumesse i problemi della scuola e della formazione quali questioni centrali per il cambiamento e lo sviluppo del nostro paese, ci siamo sempre intese al volo, in una sintonia con la “sorella maggiore” che nella mia vita, per le vicende particolari della mia famiglia, non avevo potuto provare e di cui conservo un dolce ricordo.