torna alla home page Genitori Come 2/2003
[ home ] [1/00] [2/00] [1/01] [2/01] [1/02] [1/03] [2/03] [1/04] [2/04] [1/05] [2/05] [1/06] [2/06] [1/07]

 

 

Editoriale marisa e il cgddicono di marisala biografiamarisa e la costituzioneappelloriflessioni per oggi 
 

Marisa e la nascita del CGD

In occasione del primo anniversario della scomparsa di Marisa ci piace ricordare la fondazione del CGD i attraverso le sue parole, quale fondatrice e prima presidente dell'associazione.

Perché allora [prima del '68, ndr.] questa indifferenza per i genitori in quanto tali, come mai questa mancanza di attenzione organizzativa, ma non solo, verso di essi?

[.....] Se cerchiamo oggi, a posteriori, una spiegazione a quest'anomalia, cioè all'assenza per decenni nel dopoguerra e fino ai Settanta di un associazionismo specifico rivolto ai genitori in campo cattolico e laico, dobbiamo perciò allontanarci dalle motivazioni strettamente politiche ed ideologiche per prendere in considerazione le tematiche socio-psico-pedagogiche.

[.....] La “genitorialità” (orribile espressione linguistica per identificare l'essere padri e madri) è un concetto che tarda a configurarsi come categoria autonoma. Gli interessantissimi studi dell'Aries ci conducono lungo i secoli attraverso i mutamenti profondi dei rapporti familiari ed in particolare di quelli fra genitori e figli, e non è questa la sede per richiamarli neppure per sommi capi. Ci basti qui far nostra la riflessione del famoso storico francese secondo cui il cammino verso la considerazione del bambino in quanto persona, e quindi essere umano con una sua identità da rispettare fin dalla nascita, è stato assai lungo in tutta l'Europa (e quindi anche nel nostro Paese) ed è andato di pari passo col maturare e prendere coscienza di una specifica identità della figura dei genitori.

Ricordo che non più di vent'anni fa, in una strada di Roma, avendo chiesto ad una donna di smettere di schiaffeggiare una bambina di circa sei anni, lei mi rispose con gentilezza che non dovevo preoccuparmi perché era sua figlia. Negli anni Ottanta quindi, nella capitale dei nostro Paese, si poteva incontrare ancora chi considerava il figlio sua assoluta proprietà. Così stando le cose ha fatto fatica ad avanzare il concetto di una genitorialità con caratteristiche specifiche: solo se si è convinti che il figlio non è una delle tante proprietà personali, ma un individuo altro da sé, col quale quindi è complesso, difficile intessere un rapporto, solo in questo caso prende autonomia con problematiche proprie la figura dei genitore. Ma possiamo forse anche spingerci oltre. Finché in una società, al limite della povertà per la stragrande maggioranza dei suoi membri, una volta procreato, il figlio doveva solo crescere in assoluta e acritica obbedienza, i doveri e quindi i compiti dei genitori erano elementari: fornirgli un tetto, del cibo, dei vestiti e più tardi una semplice alfabetizzazione. Sopperire a queste necessità non doveva certo essere facile in Italia negli anni dell'immediato dopo-guerra, ma ciò di cui il lavoratore - o il disoccupato - sentiva allora il bisogno per soddisfare questi bisogni era di associarsi in un sindacato, in un partito politico, in una cooperativa, tutti strumenti che giudicava i più idonei, giustamente credo, ad appoggiarlo in una lotta per migliorare la propria esistenza e di conseguenza quella dei propri figli. La figura, l'identità che si definiva, che prendeva risalto era quindi quella del cittadino, del lavoratore, del disoccupato, non certo dei genitore.

Man mano che la società italiana è andata crescendo economicamente, che un certo benessere si è andato diffondendo e che con esso è andata maturando anche una maggiore cultura, sono andati ponendosi altri bisogni, evidenziandosi altre priorità. Così l'acquisizione di una maggiore conoscenza del bambino, la consapevolezza di una domanda infantile non solo fisico-materiale, i primi, seppur semplici, elementi di psicologia dell'età evolutiva sono andati trasferendosi dalle iniziali, ristrette élites intellettuali a strati più consistenti di cittadini e quindi di genitori ed insegnanti.

Sarebbe assai stimolante, ma non è data qui l'occasione, ripercorrere questo cammino, e documentare come attorno al concetto di riconoscimento prima e rispetto poi del bambino in quanto persona si sia andata nel nostro Paese definendo anche la personalità del genitore e la sua figura stessa sia andata assumendo una propria specificità. Da qui alla domanda di un associazionismo dei genitori il passo è conseguente e logico. E' vero che vi ha contribuito in modo determinante la legge sui decreti delegati che ha in un certo modo stimolato i partiti politici ad apprestare strumenti per la rappresentatività dei genitori stessi nei Consigli scolastici, ma è vero anche che, a sua volta, l'ingresso in forma organizzata dei genitori nella scuola è potuto avvenire proprio perché nella società era andato avanti il processo cui abbiamo accennato prima.

In questo quadro vanno considerate la nascita e la storia dei Coordinamento Genitori Democratici, prima e finora unica associazione di genitori laici a carattere nazionale nel nostro Paese. [.....] Siamo però convinti che sono propri dell'uomo il disagio della solitudine e la volontà di superarla unendosi ad altri uomini. Non siamo certi che altrettanto innati siano il senso della giustizia e il desiderio di eliminarla. Essi furono però certamente presenti nei genitori fondatori del CGD e noi che fummo fra di loro possiamo affermare che in quel lontano 1976 l'esigenza primaria che ci mosse fu quella di contribuire ad offrire ad ogni bambino pari opportunità di vita serena e degna, nel quadro di una maggiore giustizia per tutti gli esseri umani.

Oggi, più e meglio di trent'anni fa, abbiamo la consapevolezza che essere genitori in Italia, pur con tanti problemi e angosce, è un privilegio rispetto atta condizione dei padri e dette madri dell'India, dell'Angola, del Brasile, di due terzi del mondo. Proprio di fronte alle dimensioni cosmiche del problema, abbiamo coscienza di aver fatto poco, pochissimo, un granello di sabbia, poche gocce di acqua. Ma poiché credevamo allora e crediamo tuttora che i grandi obiettivi, i grandi progetti trovino la linfa vitale nelle piccole cose di ogni giorno, nelle cose difficili, come scrisse Gianni Rodari, siamo convinti che anche le associazioni come la nostra e tante altre ad essa simili, laiche e cattoliche, abbiano un ruolo indispensabile, che arricchisce la società impedendone l'omologazione e la desertificazione.

Ai genitori giovani che hanno preso il nostro posto lasciamo questa consapevolezza e affidiamo questa volontà.

Marisa Musu

(dal libro “Bambini e genitori nella scuola e nella società”)