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LA PAROLA AI LABORATORI
Dalla teoria alla pratica, nelle giornate
di Castiglioncello sono stati organizzati
4 laboratori “Bambini e filosofia”,
“Orientamento come specchio della
complessità”, “Apprendere le diversità”
e “Bambini razionali?”. Mario Russo,
psicologo amico del C.G.D., ha sintetizzato
per noi le varie esperienze.
Bambini e Filosofia a cura di Luca
Mori. La filosofia sta diventando un
argomento troppo di moda; non si tratta
di una nuova materia o di una nuova
disciplina ma di un metodo per costruire
conoscenze, realizzato soprattutto
attraverso la discussione e il dialogo.
In questa prospettiva si tratta di insegnare
a pensare e di dare spazio alle
domande di senso del bambino.
Le coordinate con cui si realizzano le
esperienze, si basano sul recupero
dell’emotività (vedere lo scandalo nell’ovvio),
sull’importanza del mito (racconto)
come intreccio tra metafora e
concetto, sul focalizzare l’attenzione
sulla relazione, nel senso della gestione
delle conflittualità; in questi termini,
la conquista dell’autonomia diventa
un momento di riconoscimento della
propria identità rispetto all’altro.
“Bambini razionali?” a cura di Carlo
Bernardini. Dedicato alle tematiche
dell’educazione scientifica, nasce dall’esigenza
di riflettere sulle questioni
urgenti che sono poste dall’evoluzione
scientifica degli ultimi decenni e di
conseguenza su come può ‘attrezzarsi’
la scuola per favorire un approccio
consapevole e adeguato alla scienza,
alle sue metodologie.
L’esperienza presentata da Carlo Bernardini
e dalle maestre della scuola
d’infanzia di Scandicci focalizza l’attenzione
su come promuovere e
sostenere la curiosità dei bambini e la
loro capacità di fare domande.
I bambini si dimostrano in grado di risolvere
sperimentalmente problemi complessi
e l’apporto più adeguato degli
adulti non è quello di fornire risposte più
o meno adattate alla loro capacità di
comprensione, quanto piuttosto di aiutarli
a guardare la realtà con occhi
attenti, così da stimolare la loro curiosità.
L’adulto, insomma, è chiamato a
favorire una discussione aperta, rilanciarla
con ulteriori riflessioni, facilitare la
partecipazione di tutti; evitare le risposte
che chiuderebbero la ricerca autonoma
dei bambini, ma porre nuove
situazioni problematiche che stimolino il
ragionamento e portino i bambini stessi
a cercare soluzioni originali e creative
ai problemi. Le esperienze realizzate
sono rivolte anche a promuovere la
capacità di utilizzare i simboli, d’essere
capaci d’astrazione, nel senso di riflettere
sull’esperienza quotidiana per trarne
concetti più generali e riconoscere le
variabili importanti di un problema e
individuare correlazioni di tipo causaeffetto.
Apprendere le diversità. Le sfide
dell’ intercultura a cura di Graziella
Favaro. L’obiettivo è quello di sviluppare
forme di valorizzazione delle
diverse identità culturali e di protagonismo
sociale da parte di coloro che provengono da culture non europee,
oltre che gestire le situazioni di integrazione
interculturale con le conseguenti
forme di conflittualità.
Il progetto si articola attraverso tre fasi:
l’accoglienza e la curiosità per l’esotico;
l’incontro con la diversità e problemi
dell’integrazione; la diversità culturale
non più nascosta, ma riconosciuta e
accettata come normale.
Le diverse realtà scolastiche nel nostro
Paese hanno attraversato e stanno
attraversando in momenti diversi questo
passaggio, per cui risulta strategico
trovare le condizioni per mettere in rete
le diverse esperienze realizzate, far
conoscere le buone pratiche.
Secondo la Favaro sono tre i modelli
di integrazione, quello multiculturale
di tipo inglese, con la costituzione di
diverse comunità, quello francese,
con l’integrazione del singolo e rifiuto
della collettività e quello italiano
(auspicato più che realizzato)di integrazione,
interculturalità per creare
ponti tra culture, dare pari opportunità,
diritti e regole.
Da qui le esperienze di creazione di
collettività a Genova dove si è lavorato
sulla memoria (sia degli indigeni
che degli stranieri) e sui pregiudizi,
usando un metodo “comparativo”,
come chiave di lettura della diversità,
in modo da far coesistere e accettare
punti di vista differenti rispetto al
medesimo problema.
Orientamento come specchio della
complessità a cura di Fabrizio Da
crema. La riflessione attorno alle
esperienze presentate ci hanno posto
di fronte alla questione che abbiamo
definito “democrazia delle opportunità”
vale a dire l’evidenza che le
opportunità di accedere alle risorse di
apprendimento, di formazione non
sono ancora uguali per tutti.
Incidenza delle condizioni socio-culturali
della famiglia di provenienza,
delle condizioni di maggiore o minore
cittadinanza, dalla quantità e qualità
delle risorse culturali investite.
Viene chiamato in campo il ruolo della
scuola, più precisamente della scuola
pubblica come scuola di tutti: dei
ragazzi italiani così come degli immigrati,
dei credenti in fedi diverse e dei
non credenti, di chi può godere di
opportunità educative e di quelli per i
quali la scuola rappresenta l’unica
speranza di fuggire da condizioni di
marginalità culturale.
Le nuove caratterizzazioni nel panorama
delle risorse educative, le nuove
sfide che ci vengono poste, come
genitori e come educatori, ci sollecitano
a ri-scoprire la grande risorsa che
in questo Paese rappresenta la scuola
pubblica, quella che abbiamo imparato
ad amare negli ultimi decenni,
quando soprattutto ha saputo far vivere
al meglio le opportunità di comunicazione,
di partecipazione, di inclusione,
riuscendo a coinvolgere ragazze
e ragazzi che altrimenti sarebbero
rimasti ai margini della vita sociale.
Una scuola capace di valorizzare le
diversità ma anche di attirare e mettere
in campo le competenze per rendere
queste diversità sostenibili e produttrici
di opportunità educative.
Insomma, una scuola nella quale ci
piace pensare che, di fronte a chi
rischia di abbandonarla, riproponga la
medesima domanda dei ragazzi di
Barbiana: “Perché non torni a scuola?
… Senza di te la scuola non sa di
nulla”. |