torna alla home page Genitori Come 2/2006
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il bambino irreale
 

LA PAROLA AI LABORATORI

Dalla teoria alla pratica, nelle giornate di Castiglioncello sono stati organizzati 4 laboratori “Bambini e filosofia”, “Orientamento come specchio della complessità”, “Apprendere le diversità” e “Bambini razionali?”. Mario Russo, psicologo amico del C.G.D., ha sintetizzato per noi le varie esperienze.

Bambini e Filosofia a cura di Luca Mori. La filosofia sta diventando un argomento troppo di moda; non si tratta di una nuova materia o di una nuova disciplina ma di un metodo per costruire conoscenze, realizzato soprattutto attraverso la discussione e il dialogo.
In questa prospettiva si tratta di insegnare a pensare e di dare spazio alle domande di senso del bambino.
Le coordinate con cui si realizzano le esperienze, si basano sul recupero dell’emotività (vedere lo scandalo nell’ovvio), sull’importanza del mito (racconto) come intreccio tra metafora e concetto, sul focalizzare l’attenzione sulla relazione, nel senso della gestione delle conflittualità; in questi termini, la conquista dell’autonomia diventa un momento di riconoscimento della propria identità rispetto all’altro.

“Bambini razionali?” a cura di Carlo Bernardini. Dedicato alle tematiche dell’educazione scientifica, nasce dall’esigenza di riflettere sulle questioni urgenti che sono poste dall’evoluzione scientifica degli ultimi decenni e di conseguenza su come può ‘attrezzarsi’ la scuola per favorire un approccio consapevole e adeguato alla scienza, alle sue metodologie.
L’esperienza presentata da Carlo Bernardini e dalle maestre della scuola d’infanzia di Scandicci focalizza l’attenzione su come promuovere e sostenere la curiosità dei bambini e la loro capacità di fare domande.
I bambini si dimostrano in grado di risolvere sperimentalmente problemi complessi e l’apporto più adeguato degli adulti non è quello di fornire risposte più o meno adattate alla loro capacità di comprensione, quanto piuttosto di aiutarli a guardare la realtà con occhi attenti, così da stimolare la loro curiosità. L’adulto, insomma, è chiamato a favorire una discussione aperta, rilanciarla con ulteriori riflessioni, facilitare la partecipazione di tutti; evitare le risposte che chiuderebbero la ricerca autonoma dei bambini, ma porre nuove situazioni problematiche che stimolino il ragionamento e portino i bambini stessi a cercare soluzioni originali e creative ai problemi. Le esperienze realizzate sono rivolte anche a promuovere la capacità di utilizzare i simboli, d’essere capaci d’astrazione, nel senso di riflettere sull’esperienza quotidiana per trarne concetti più generali e riconoscere le variabili importanti di un problema e individuare correlazioni di tipo causaeffetto.

Apprendere le diversità. Le sfide dell’ intercultura a cura di Graziella Favaro. L’obiettivo è quello di sviluppare forme di valorizzazione delle diverse identità culturali e di protagonismo sociale da parte di coloro che provengono da culture non europee, oltre che gestire le situazioni di integrazione interculturale con le conseguenti forme di conflittualità.
Il progetto si articola attraverso tre fasi: l’accoglienza e la curiosità per l’esotico; l’incontro con la diversità e problemi dell’integrazione; la diversità culturale non più nascosta, ma riconosciuta e accettata come normale.
Le diverse realtà scolastiche nel nostro Paese hanno attraversato e stanno attraversando in momenti diversi questo passaggio, per cui risulta strategico trovare le condizioni per mettere in rete le diverse esperienze realizzate, far conoscere le buone pratiche.
Secondo la Favaro sono tre i modelli di integrazione, quello multiculturale di tipo inglese, con la costituzione di diverse comunità, quello francese, con l’integrazione del singolo e rifiuto della collettività e quello italiano (auspicato più che realizzato)di integrazione, interculturalità per creare ponti tra culture, dare pari opportunità, diritti e regole.
Da qui le esperienze di creazione di collettività a Genova dove si è lavorato sulla memoria (sia degli indigeni che degli stranieri) e sui pregiudizi, usando un metodo “comparativo”, come chiave di lettura della diversità, in modo da far coesistere e accettare punti di vista differenti rispetto al medesimo problema.

Orientamento come specchio della complessità a cura di Fabrizio Da crema. La riflessione attorno alle esperienze presentate ci hanno posto di fronte alla questione che abbiamo definito “democrazia delle opportunità” vale a dire l’evidenza che le opportunità di accedere alle risorse di apprendimento, di formazione non sono ancora uguali per tutti.
Incidenza delle condizioni socio-culturali della famiglia di provenienza, delle condizioni di maggiore o minore cittadinanza, dalla quantità e qualità delle risorse culturali investite.
Viene chiamato in campo il ruolo della scuola, più precisamente della scuola pubblica come scuola di tutti: dei ragazzi italiani così come degli immigrati, dei credenti in fedi diverse e dei non credenti, di chi può godere di opportunità educative e di quelli per i quali la scuola rappresenta l’unica speranza di fuggire da condizioni di marginalità culturale.
Le nuove caratterizzazioni nel panorama delle risorse educative, le nuove sfide che ci vengono poste, come genitori e come educatori, ci sollecitano a ri-scoprire la grande risorsa che in questo Paese rappresenta la scuola pubblica, quella che abbiamo imparato ad amare negli ultimi decenni, quando soprattutto ha saputo far vivere al meglio le opportunità di comunicazione, di partecipazione, di inclusione, riuscendo a coinvolgere ragazze e ragazzi che altrimenti sarebbero rimasti ai margini della vita sociale. Una scuola capace di valorizzare le diversità ma anche di attirare e mettere in campo le competenze per rendere queste diversità sostenibili e produttrici di opportunità educative.
Insomma, una scuola nella quale ci piace pensare che, di fronte a chi rischia di abbandonarla, riproponga la medesima domanda dei ragazzi di Barbiana: “Perché non torni a scuola? … Senza di te la scuola non sa di nulla”.