1/2004 | |
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Angela Nava
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Alfonso Maurizio Iacono - Preside della facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Pisa ccorre ricomprendere la serietà del gioco, che la società di oggi vede solo come tempo libero e non come apprendimento. “Il gioco è di per sé una forma di apprendimento delle regole. Il gioco è la nemesi di qualcosa d'altro e permette di apprendere le regole che fanno la differenza tra il gioco e la realtà”. Ben chiaro deve però essere il Confine tra gioco e non gioco: l'imitazione della guerra è una non guerra. Ed è necessario distinguere tra illusione e inganno, poiché con l'inganno si perde la concezione del contesto. I bambini devono imparare il gioco di diventare l'altro per acquisire le proprie autonomie mentre l'autonomia stessa va intesa come autoregolazione. Si deve limitare l'onnipotenza del bambino, perché è necessario affermare il principio di realtà e la coscienza del limite. Ma c'è anche l'autonomia nella relazione: se non c'è mutamento nella storia non c'è storia. Il significato della favola è nella relazione tra il contenuto e l'interpretato. L'adulto non deve comunicare la verità, ma deve dare spazio, lasciare che la verità sia meno importante della realtà. Importante, infine, è il Gioco delle condizioni condivise, il gioco di diventare l'altro per rientrare in se stesso. (sintesi non rivista dall'autore) |