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Angela Nava
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Francesco Tonucci - Ricercatore del CNR, Progetto internazionale ‘La città dei bambini’, Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione enza regole non c'è gioco; senza gioco non servono regole. Darsi regole è un gioco con se stessi, così come darsi traguardi, privarsi di qualcosa, superare degli ostacoli. Ma se non c'è autonomia non c'è gioco. Non si può giocare controllati e vigilati. Giocare significa affrontare avventure, scoperte, esplorazioni, rischi. L'impossibilità di correre rischi produce un accumulo di desiderio che esplode nell'adolescenza. “Io,” disse il piccolo principe “se avessi 53 minuti da spendere, camminerei adagio adagio verso la fontana”. Adulti e bambini hanno due modi diversi di muoversi: quando il bambino si sposta compie un percorso, non ha interesse ad arrivare mentre l'adulto ha fretta, non vuole perdere tempo, vuole arrivare. Senza autonomia le regole non hanno senso: se non è necessario, le regole non si elaborano; se l'adulto, il titolare delle regole, è sempre presente, le regole non servono. I bambini sono costretti ad una socializzazione imposta e sono controllati direttamente o indirettamente (dal telefonino al braccialetto a lettura satellitare): come se la sicurezza dei figli si possa garantire da fuori, con la difesa. Ma il bambino può fare di più, può aiutarci. Il sindaco di Roma ha chiesto ai bambini: “Ho bisogno dei vostri consigli, del vostro aiuto. Capita che i grandi si dimentichino di quando erano bambini. Da oggi cominciamo a lavorare insieme perché vogliamo cambiare al città”. Ha risposto anche Federico, 11 anni: “Vogliamo da questa città il permesso di uscire di casa”. “Non basta più dare ai bambini servizi, bisogna restituire loro le città” (Prodi). Il posto del gioco è la città e se è un cittadino, come dice la Convenzione di diritti dei bambini, bisogna educare il bambino ai diritti e non solo ai doveri: educare ai doveri implica delega, consenso ma anche trasgressione mentre educare ai diritti suggerisce adesione, appartenenza, cittadinanza, responsabilità . “Il progetto La città dei bambini propone ai sindaci di modificare la filosofia di gestione delle città, assumendo il bambino come parametro. Non si tratta di realizzare iniziative, opportunità, strutture nuove per i bambini, di difendere i diritti di una componente sociale debole né di migliorare i servizi per l'infanzia. Si propone, invece, di abbassare l'ottica dell'Amministrazione fino all'altezza del bambino, per non perdere nessuno dei cittadini, di accettare la diversità che il bambino porta con sé a garanzia di tutte le diversità. Si ritiene che, se la città sarà più adatta ai bambini, sarà più adatta per tutti”. (sintesi non rivista dall'autore) |