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il bambino sconfinato
Il bambino tra apparenze che rassicurano e spazio che libera responsabilità

Don Andrea Gallo, coordinatore della Comunità di S. Benedetto al Porto, Genova

L'intervento a Castiglioncello di Don Andrea Gallo di Genova è stato condotto con la passionalità intrisa di lucidità e di ironia che lo contraddistinguono, arrivando ad affermare di essere un "toscano dipendente", in virtù del fumo, non della Toscana e definendosi "anarchico non violento". Ha incentrato il suo intervento sulla speranza che c'è nel futuro dei giovani e che dobbiamo alimentare.

Ha raccontato la propria esperienza di insegnante e di prete, chiedendo alla scuola di migliorarsi per non disperdere i giovani: gli insegnanti hanno un grande compito e non possono portarlo avanti in modo superficiale: "con la nostra praticaccia quante vittime abbiamo lasciato per la strada?" La scuola deve preoccuparsi di mettere al centro i ragazzi, nella consapevolezza che "niente di quello che vale la pena di essere appreso può essere insegnato"; l'educatore è colui che aiuta gli altri a costruire i propri saperi.

La scuola pubblica non è la scuola che subisce condizionamenti pedagogici né dallo Stato né dalla Chiesa, ma definisce i tempi di apprendimento in base ai tempi dei ragazzi e non delle discipline. Don Gallo chiede agli insegnanti di domandarsi : "sei o fai l'insegnante?". Non è una domanda di poco conto. Per il relatore l'insegnante è un animatore, un facilitatore della cultura, è contagiato dall'infanzia, dall'altruismo, è attratto dall'ingegno della fanciullezza. La fatica e insieme la gioia di saper ascoltare, di essere rispettosi delle diversità, di pregare nel cuore dell'Altro, di riconoscere l'Altro Persona, presuppongono una generosità ed una attenzione semplicemente Umana.

La responsabilità e la corresponsabilità di navigare nell'Umano, maturano nelle relazioni che abbracciano, non tra i confini dei territori dell'esclusione. L'Altro è vitale non perché ci completa, ci cura, ci rassicura, ma perché con l'Altro si entra nella reciprocità che costruisce spazi di Vita. C'è bisogno di pratiche educative che sappiano costruire una mentalità dell'Accoglienza. Molti adulti non vivono queste dimensioni. Spesso sono disorientati e persino indifferenti. Soddisfano i falsi bisogni delle apparenze; in questo modo si fissano i rapporti ed i comportamenti.

Varie forme di linguaggio invitano alla singolarità, mentre l'omologazione ed il conformismo imprigionano corpi e pensieri. In questa contraddizione l'adulto vuole complice il bambino. Un esempio può essere quello dell'abbigliamento. I bambini sono adulti "piccoli". I loro corpicini sono impediti e sviati nella loro crescita. I giovani diventano impazienti, frettolosi, insoddisfatti sempre alla ricerca di oggetti da consumare e da cui dipendere. I media provocano concetti di falsa autostima e di sopravvalutazione di sé. Siamo tutti un poco presi nella rete di Narciso che inganna; secondo recenti studi il narcisismo è associato alla violenza. II binomio produce una duplice sintomatologia: la convinzione della nostra superiorità e la rappresentazione degli altri come fonte di minaccia. Si disconosce la forza vitale della solidarietà alla quale dobbiamo educarci e educare, orientarci verso percorsi di condivisione dove soprattutto per i bambini sia possibile esplorare territori e relazioni sconfinate.

La diversità è un valore: Thomas Gladwin, antropologo, ha confrontato i due diversi modi di navigare di un europeo e di un indigeno delle isole Truk, che con una piccola barca si sposta nell'immenso oceano Pacifico. L'europeo prima di salpare elabora un piano scritto in cui prevede le direzioni di rotta, i gradi di longitudine e di latitudine, gli orari indicativi di arrivo ai vari scali. Quando ha completato il piano, l'europeo deve solo eseguire le varie fasi, una dopo l'altra; così il navigatore è sicuro di arrivare a destinazione all'ora prevista. Naturalmente dispone di tutti gli strumenti: bussola, sestante, carte di navigazione. E' poi in grado di descrivere esattamente come è giunto alla meta. L'indigeno delle isole Truk inizia il suo viaggio raffigurandosi la posizione della sua meta in rapporto alla posizione delle altre isole. Nel corso della navigazione egli corregge continuamente la rotta in base al punto in cui sa di trovarsi al momento. Sa controllare la posizione di certi punti di riferimento e del sole nonché la direzione dei venti. Naviga con riferimento al punto da cui è partito, al punto dove deve giungere e allo spazio che divide la sua destinazione dal punto ove si trova. Del fatto che il suo navigare è senza un piano prescritto e definito, non sa dare una spiegazione, non perché non sappia esprimersi a parole, ma perché il processo è troppo complesso e fluido per essere spiegato in quei termini. (In Guida allo sviluppo della creatività e delle doti artistiche , Longanesi)