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il bambino sconfinato
Confini senza sbarre o delle finte libertà

Melita Cavallo, presidente della Commissione adozioni internazionali

Il tema del confine trattato riguarda gli ambiti dell'istituto della messa alla prova utilizzato in campo penale minorile e l'adozione internazionale di ragazzi con vissuto di disagio e devianza o con problemi di risanamento e cura in campo civile.

In Italia, nell'area penale, esiste per i minori riconosciuti colpevoli di reati, una alternativa al carcere per scontare le condanne, si tratta dell' "Istituto della messa alla prova" che consiste in un periodo di rieducazione da passare in comunità di accoglienza o presso famiglie affidatarie competenti alla loro riabilitazione. La società spesso considera questo tipo di soluzione poco adeguata ai reati commessi leggendola quasi come una rimessa in libertà.

Di fatto questo deriva dal fatto che siamo abituati a vedere l'espiazione della colpa nel carcere, dove le sbarre, sono il limite concreto alla libertà personale e il simbolo della punizione. Nella "messa alla prova" le sbarre non si vedono, ma ci sono ugualmente sotto forma di obblighi comportamentali rigidi e di controlli strettissimi, in più a queste si aggiunge la ghettizzazione sociale quando l'affidamento è fatto nel luogo di provenienza del ragazzo e quando i servizi locali, come la scuola, non condividono il progetto di recupero. Vanno molto meglio infatti i progetti realizzati in località lontane dal luogo di origine del ragazzo condannato a questo tipo di pena. Attualmente l'uso è limitato ai reati minori, il ministro Castelli non ne ha permesso l'applicazione (se non per un solo caso) per i reati violenza sessuale, associazione a delinquere e omicidio. Non sono state fatte verifiche longitudinali nel tempo dell'efficacia e della stabilità dei traguardi raggiunti si può comunque sostenere che è sempre molto difficile trovare situazioni educative efficaci con operatori autorevoli e competenti. Sappiamo però che questi ragazzi, se messi all'interno di un carcere, potrebbero soltanto peggiorare.

Di fatto la comunità vive questi soggetti come pericoli sociali, e sono in fase di discussione anche progetti di abbassamento dell'età imputabile, come in altri stati europei. L'altra situazione affrontata è quella dell'affidamento internazionale a famiglie italiane dei ragazzi stranieri che vivono situazioni di disagio sociale o sanitario. Ogni anno entrano nel nostro paese circa 25.000 ragazzi con permessi temporanei di affidamento. Le famiglie italiane sono molto disponibili, spesso per rispondere ad un desiderio di adozione non andato a buon fine ( le idoneità ad adottare sono date alle famiglie con estrema parsimonia), o perché i figli propri sono ormai grandi.

Questi ragazzi stranieri subiscono così una sorta di "messa alla prova" per essere successivamente richiamati per altri periodi di soggiorno (o addirittura per essere adottati) dalla famiglia che li ha accolti. Quando le cose non vanno bene, i ragazzi subiscono gravi traumi al rientro in istituto nel paese di origine. Alcuni dei ragazzi vittime del disastro di Chernobyl hanno vissuto questa esperienza devastante fino al suicidio. Si pensa di limitare questo tipo di affidamento almeno in quei casi che prevedibilmente potrebbero causare sofferenze psicologiche, anche perché negli altri paesi europei, finita l'emergenza sanitaria, sono finiti anche gli affidi. Un'altra strada percorribile sarebbe quella di organizzare percorsi di idoneità allo stile di vita necessario per le famiglie desiderose di adottare. Accade infatti che avvertiamo confini che non ci sono (abitudini diverse dalle nostre) e non consideriamo quelli che ci dovrebbero essere per il necessario sviluppo sociale.