1/2002 | |
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I nuovi rapporti tra le condizioni di ricchezza e di povertà Chiara Saraceno, ordinario di Sociologia della famiglia dell’Università di Torino I confini fra ricchezza e povertà sono di origine sociale, nel mondo il 40% di quelli che nascono non sono registrati all'anagrafe, in particolare, le bambine o i bambini nati nelle campagne, lontano dai centri amministrativi. Questi bambini, per i loro paesi, di fatto non esistono: per loro non vengono fatti investimenti e non vengono attivate risorse. Questa mancata considerazione non fa usufruire loro, né delle campagne internazionali per la prevenzione delle malattie (vaccinazioni), né per la scolarizzazione. Ogni giorno, dice Chiara Saraceno, 34mila bambini muoiono per fame o per malattia, uno su dodici prima dei 5 anni. La scolarizzazione, nei paesi poveri, quando c'è, è rivolta ai maschi, ma la deprivazione culturale di cui le donne sono vittime, in tempi lunghi ricade anche sui figli maschi, invalidando così i limiti e i confini degli aventi diritto all'istruzione. In Italia nelle istituzioni scolastiche pubbliche con forte presenza di bambini extracomunitari c'è il rischio che le famiglie dei bambini "locali", ne scelgano altre ritenute "più adeguate" , con il risultato di trasformare le prime in scuole poco appetibili, impoverite anziché arricchite dallo scambio interculturale che vi si potrebbe realizzare. Quindi scuole di minore qualità per bambini meno ricchi. L'Italia, uno dei 7 paesi più industrializzati del mondo ha subito l'incremento della povertà delle famiglie con più di un figlio minore. Il 17% dei bambini dell'Italia ricca è povero. Chiara Saraceno, che presenta i dati risultanti dall'ultimo rapporto della commissione d'indagine sull'esclusione sociale, si chiede: quanto, e fino a quando, la società è disposta ad accettare supinamente questo dato? Nella sua esposizione evidenzia che non è sufficiente l'occupazione del solo padre per salvare la famiglia dalla povertà: è povero il 23% delle famiglie con due figli e con il solo padre che lavora, tale percentuale si riduce all'8% se lavora anche la madre. "Le famiglie con figli minori hanno una probabilità più elevata rispetto a tutte le altre non solo di essere povere, ma di rimanerlo a lungo. Ciò significa che i bambini che crescono in queste famiglie hanno una probabilità elevata di sperimentare ristrettezze economiche per diversi anni, con conseguenze di lungo periodo sulle loro chances nella vita adulta". Chi è povero da bambino ha un destino di povertà. La mancanza di politiche economico - sociali come l' assegnazione di un reddito minimo di inserimento per le famiglie povere che permetta loro di risollevarsi da un periodo economicamente negativo, fa loro vivere indefinitamente nella situazione di disagio. Nei paesi in cui questo viene attribuito, lo si collega alla frequenza dei bambini a scuola, riconoscendo il valore della loro formazione come possibilità di emancipazione culturale e sociale. Nel nostro paese invece si associa alla povertà economica l'uscita precoce dei minori dal percorso scolastico nel quale non trovano riconoscimento di sé, ma solo delegittimazione. Le ultime leggi sull'obbligo formativo difficilmente potranno riportare questi ragazzi nei percorsi formativi. Sarebbe meglio parlare quindi di "diritto scolastico" anziché di "obbligo" nei confronti di tutti i minori, ricchi e poveri, anche se sono questi ultimi a subirne i danni maggiori.
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