1/2002 | |
[ home ] | [1/00] [2/00] [1/01] [2/01] [1/02] [1/03] [2/03] [1/04] [2/04] [1/05] [2/05] [1/06] [2/06] [1/07] |
speciale
|
Sconfinati confini Lella Ravasi Bellocchio, analista, Associazione internazionale di psicologia analitica (IAAP)
La relatrice Lella Ravasi Bellocchio, psicologa analista, ha incentrato la propria relazione sul concetto della "tolleranza dell'attesa", di cui siamo sempre meno provvisti: senza rispetto per i tempi dell'attesa si annulla il desiderio. L'attesa come tempo di sospensione prima di ottenere il soddisfacimento di un proprio desiderio. Rispettare l'attesa per tenere alto il desiderio: accettare, tollerare l'ansia dell'attesa non solo da parte dei bambini ma anche da parte degli adulti, che avrebbero la possibilità di "soddisfarsi soddisfacendoli" immediatamente. La nostra società ha orrore dei tempi vuoti, dei vuoti dell'attesa, della noia, non li assume come valori dominanti; lascia soli i bambini ma impedisce loro di sperimentare la solitudine, li trasforma in "piccoli cannibali", negando loro un altro progetto di vita. In questo contesto l'alterità è svalorizzata e i genitori sono sempre più preoccupati di essere uguali agli altri: il modello suggerito è crescere in fretta, il bambino non riesce a sentirsi ricco della propria presenza. Le fiabe rispettavano le attese, prevedevano tempi lunghi, restituivano spazi per la paura, nascendo dal mondo dell'inconscio collettivo. Dove non c'è limite la confusione è un'indistinto simbiotico pericoloso tra un materno senza limiti, incapace di contenere, e bambini onnipotenti e persi nel vuoto. Se i genitori si perdono nell'illimitato, se non sanno l'esperienza sacra del limite, se vivono il confine non come qualcosa di sano, ma come una minaccia alla loro onnipotenza, vuol dire che non tollerano lo spazio separato e limitato del rapporto tra sé e il figlio. A genitori onnipotenti fanno da terribile specchio narcisistico bambini onnipotenti. A un'esperienza del materno senza limiti, senza la capacità di contenere e contenersi, corrispondono bambini onnipotenti che, in quanto non contenuti, sono persi nel vuoto, in un inconscio che suona a vuoto, ipertrofico, dilatato, senza misura. Un io ipertrofico, gonfiato, si presenta al mondo. L'incapacità di vivere l'attesa, l'assenza di contrasti/confronti, produce bambini vittime e tiranni, onnipotenti e persi nel vuoto. Le madri stressate dal continuo vagare per la città li accompagnano stanchi e con lo sguardo vacuo; le madri "con la faccia da squalo" iscrivono bambini a danza e dopo tre mesi pretendono in cambio un bel saggio come "premio di produzione". Le emozioni non metabolizzate, non elaborate, vagano dentro la psiche dei bambini, che presto iniziano (non compiendo un'integrazione dentro di sé) a rimuovere, a cancellare, a liquidare quanto di faticoso, scomodo, difficile, arriva loro addosso. Una specie di omertà della psiche, un meccanismo di difesa che diventa inesorabilmente una prigione, si impadronisce della crescita, plasma il nulla e appiattisce sull'indifferenza. Non c'è allora possibilità di un'interiorità sana, che sa vivere di confine in confine, di inventare il tempo e lo spazio per tempi di crescita e di regressione, per imparare cioè a sopportare la tensione del diventare adulto. Ogni bambino ha un proprio percorso di crescita da sperimentare, infiniti confini per scorrazzare, una vita da vivere tra dipendenza e indipendenza, in bilico tra fantasia e silenzio, tra pieno e vuoto. "Desiderare è tollerare il vuoto della risposta e aspettare il vento del mistero." |