torna alla home page Genitori Come 1/2002
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speciale
Angela Nava
Chiara Saraceno
Paolo Fabbri
Gabriella Romano
Andrea Gallo
Melita Cavallo
Lella Ravasi Bellocchio
Annamaria Rivera
dai workshop
Mario Russo
Dario Missaglia
Raffaele Mantegazza
Carlo Ricci e Robert Roche
Giancarlo Tanucci
Stefano Galieni
Vinicio Ongini
Marisa Musu
Gianfranco Simoncini e Nicoletta Creatini


 
 

il bambino sconfinato
sui lavori dei workshop
Mario Russo, psicologo

 

Le esperienze presentate nei workshop e il dibattito intenso che le ha accompagnate hanno evidenziato l'esistenza di concrete situazioni “di confine” che costituiscono una sfida per i nostri sistemi educativi e formativi.

La scuola pubblica è coinvolta sia per i nuovi contenuti didattici che si impongono, sia perché questo comporta una riconsiderazione dei modelli didattici e delle opzioni curricolari, sia infine perché sono i confini stessi del sistema scolastico ad essere messi in discussione. Per lavorare sui nuovi temi della multiculturalità, del recupero della dispersione e dell'abbandono scolastico, del superamento degli stereotipi sessuali e culturali, la scuola rende sempre più permeabili i suoi confini, si collega con le associazioni, le strutture, le risorse che esistono sul territorio.

Oltre a ciò il “bambino s/confinato” costituisce una sfida anche sul terreno del rapporto fra le culture e le popolazioni.

Le esperienze presentate hanno riguardato contesti fra loro diversi (i confini di guerra, la cooperazione allo sviluppo, le situazioni della multiculturalità), ma al tempo stesso accomunati dalla rilevanza che assume il terreno della comunicazione. Vale a dire la capacità di costruire codici comunicativi condivisi, di riconoscere e superare il sistema dei ruoli sociali tradizionali, di accrescere le opportunità di dialogo.

Infine, le diverse esperienze realizzate e gli approcci metodologici adottati, presentano alla nostra attenzione l'esigenza di riflettere sui modelli concettuali e sulle pratiche metodologiche con le quali affrontiamo le situazioni “di confine”.

In altri termini, “pensare il confine” significa soprattutto pensare “in presa diretta” i processi di cambiamento e le trasformazioni che con le nostre stesse azioni contribuiamo a generare.